Pian Tondo: la terza comunità gentilizia etrusca

pian tondo sito etrusco di san gusmè

La civiltà Etrusca viene descritta in un periodo che va dal IX° al I° sec. a. C , ma in questo lungo lasso di tempo ci sono state varie fasi ben definite dagli studiosi (villanoviano- orientalizzante-ellenista…).

Si fa coincidere il dominio dei romani sulle terre etrusche con il 396 a.C. ( conquista di Veio) ma l’assimilazione culturale fu molto più lunga, anzi fu interattiva perché gli etruschi ebbero una grande influenza sulla civiltà romana fino alla fusione.Il ns territorio, quello che oltre un millennio dopo diventerà Berardenga, mostra segni profondi e diffusi di questo passaggio millenario, nelle zone di altura e in quelle di bassa quota.

Quando alcuni mesi fa lavorai alla mappa ( qui il link –https://www.google.com/maps/d/u/0/edit… ) storica ed archeologica forse commisi l’errore di dividere in modo netto l’età etrusca e quella romana, difatto le sovrapposizioni sono durate alcuni secoli.

Alcuni archeologi considerano etruschi, quindi conseguenza di quella civiltà, vinta ma non scomparsa, molti siti nostrani del II e III sec. a.C. ai quali ho attribuito –nella mappa- il colore che distingue l’epoca romana( azione forse amministrativamente corretta).

Non è un caso se Mattia Cuccaini della Sapienza di Roma, nel suo volume “ Insediamenti di altura di periodo Etrusco nel Chianti” dove riporta i risultati della sua ricognizione dell’anno 2017, cita un numero elevato di siti, 22 per l’esattezza, quelli da lui verificati nel nostro comune e sono solo una parte dell’intero, ma lo fa inoltrandosi fino al I° sec. a. C.L’antichità o l’età di questi siti archeologici non è sempre la stessa, è dimostrata la frequentazione umana anche in età anteriori a quella etrusca, e’ il caso di Cetamura e Mencia Alta.

Quello che mi interessa mettere in luce in questo scritto riguarda tuttavia l’area principale perché mostra una concentrazione spaziale di siti valutati di grande importanza .

Mi riferisco alla zona assai nota che comprende la Necropoli del Poggione, Pian Tondo, Bosco Le Pici, Cetamura e Villa a Sesta.

Quest’area è di circa 3 kmq, è perimetrabile in circa 7 km e la distanza maggiore non supera i 2,5 km ( Poggione-Bosco Le Pici -1500 metri).

Se per Cetamura, l’inizio del VII sec. a. C. potrebbe rappresentare una prima probabile cessazione di frequentazione, per due tombe della necropoli di Bosco Le Pici, può definirsi l’inizio della utilizzazione, mentre per Poggione e Pian Tondo bisognerà attendere la fine del secolo.

Quasi tutti gli studiosi concordano nel definire questo circondario archeologico di notevole importanza e ricercano, senza poterla definire l’area di influenza dalla quale dipendesse pur riscontrando collegamenti artistici in particolare con Cortona.

Era un insieme di abitazioni sparse di cui Cetamura rappresentava un fortificazione antecedente o un punto di passaggio di notevole importanza per i traffici che dalla valle dell’Arno si dirigevano verso il mare.

Nonostante la decadente propensione ad approfondire, non tutte le attenzioni, che furono forti fra la metà e il terzo quarto del secolo scorso, sono venute meno.Oltre alla considerazione che al Poggione non tutta la necropoli è venuta alla luce, vi è un rinnovato interesse su quello che potrebbe essere il punto nodale di questa storia.

Mi riferisco a Piano Tondo. Per chi non lo conosce, si tratta di un pianoro posto 400 mt a Nord di Campi, sul lato est della strada e a circa trecento metri SE dal Poggione.

Chiamato anche Poggio Tondo dalla collina a forma troncoconica che al suo apice ( quota 641/642mt) forma un Piano quasi circolare di circa un ettaro di superfice.

Ha tutte le caratteristiche per non ritenersi opera della natura e questo hanno pensato gli archeologi che negli ultimi decenni l’hanno analizzata.

Si è ipotizzato che quello fosse il luogo fondante di un palazzo aristocratico, una reggia etrusca e che il Poggione con il suo carro e le spoglie principesche e i suoi importanti reperti, fosse intimamente legato proprio a Piano Tondo.

Tuttavia si è arrivati alla conclusione che il sito fosse irrimediabilmente distrutto, anche se una parte terrazzata ad oriente sembrava destare residuo interesse per future indagini.

Queste conclusioni sono di circa 25 anni fa e attengono al ritrovamento, anche precedente, di numerosi frammenti di laterizio e antefisse a sagoma femminile ( figure di ornamento e/o completamento delle gronde) ma ritengo che fino a poco tempo fa tutto sia rimasto fermo.

Nel 2017 proprio nella ricognizione del già citato Mattia Cuccaini, si da’ valore all’ipotesi palaziale e ai legami con i siti di Poggio Civitate a Murlo o di Acquarossa a Viterbo ma si considera il deposito archeologico sconvolto a conferma della probabile distruzione del Palazzo Reggia.

Nella descrizione degli interventi passati si citano importanti e lunghi saggi con scavo realizzati sul settore ovest che non avrebbero restituito alcunchè, mentre in due scavi di piccole dimensioni ( in totale 11/12 mq) effettuati sul lato sud si sarebbero individuati tutti i frammenti che hanno dato luogo all’interpretazione principale.

Non avendo basi di studio archeologico mi fermo qua, pur sembrandomi ridotte le superfici indagate rispetto all’insieme.

Ma proprio Cuccaini dà sostanza a certe intuizioni precedenti, difatti confrontando le foto di volo degli anni 1954-1978 e 1996 ritiene di aver individuato i terrazzamenti che contengono il pianoro, ma anche una traccia – sul lato est – riferibile ad una struttura che presenta un corridoio di ingresso e un ambiente a pianta rettangolare, da profano, qualcosa di più del nulla che sembrava.

Nel 2019 in un convegno svoltosi a Castellina in Chianti, è Jacopo Tabolli della Soprintendenza Archeologica di Arezzo –Siena e Grosseto, a dire parole importanti su Piano Tondo.

L’argomento del saggio era molto stimolante : “Domande in cerca d’autore su Siena Etrusca” dove partendo dai vari ritrovamenti di Castelvecchio e del Santa .Maria della Scala si ipotizza per quest’ultima la configurazione di “Residenza Gentilizia” del VII sec. a. C.

E’ in questo contesto che Tabolli cita le altre residenze aristocratiche, quella del Palazzo di Murlo e l’altra “ poco citata, ma straordinariamente importante,Terza Residenza, identificata sul Piano Tondo a Castelnuovo Berardenga”.

In sostanza Tabolli dice che a Piano Tondo si sono registrate le stesse matrici decorative delle parti più antiche di Murlo e che occorre reinterpretare il ruolo e forse la dimensione, aggiungo io, delle “Comunità Gentilizie” a controllo delle valli di Orcia, Ombrone, Arbia e Merse che chiudevano il passaggio obbligato per svalicare a nord e nella Val d’Elsa.

Tutto questo faceva assumere a queste comunità una posizione strategica sia nell’età del Bronzo finale (Cetamura ?) che più avanti nella cosidetta età orientalizzante.

A questo pensavo guardando quella zona che da Piano Tondo passa per Cetamura, Le Pici, Villa a Sesta e che presenta una concentrazione di siti etruschi che non possono essere casuali.

Forse si trattava di una Comunità Gentilizia Etrusca, guidata dal “principe” di Piano Tondo e che occupava tutta la pendice ad occidente, fino alle quote più basse e dalla cui sommità, al mattino è possibile, oggi come allora, vedere i pianori dove oggi sorge Siena.

Non si può trascurare il fatto che se questa ipotesi venisse confermata, tutta l’area intorno al Poggio Tondo potrebbe risultare variamente antropizzata anche se con minore valenza archeologica o architettonica rispetto alla sommità.

D’altronde nello stesso piano alle pendici nord di Campi e racchiuso a Ovest dalla strada quasi dismessa e ad est dalla provinciale fu individuato un sito archeologico oggetto di plurifrequentazione dal VI al II sec. a. C.

Mi auguro che queste riflessioni ne possano indurre altre e certamente di maggiore spessore, spero che in tanti si possa apprezzare il valore storico e culturale della nostra terra, anche per quello che ancora si cela nel sottosuolo che può ancora raccontarci tanto.

Le nuove tecnologie possono consegnarci informazioni senza necessariamente risultare invasivi o devastanti.

E’ quello che dobbiamo fare o rischiamo quanto minuziosamente descritto dalla Carta Archeologica a pagina 305 dove i resti (statuette) della stipe votiva di un tempio del I° sec. a. C. furono, in parte ritrovate in una discarica nella vicina boscaglia.

Fonte: Le Nostre orme – Castel Berardengo.

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