Paese mio che stai sulla collina, storie di futuro

Ci si può innamorare di un luogo pur non essendoci nati: ci si può far rapire dalla variabilità degli ampi spazi che ha il paesaggio di una terra splendida, di confine e passaggio fra il Chianti e le Crete.
Al netto del profumo dei primi grappoli di uva in fermentazione e l’etichettatura e messa in cartoni di quelle bottiglie per la spedizione, c’è un percorso che è un languore di violini d’autunno, alla ricerca dei passi e dei pensieri che due piedini compivano ogni giorno dal parcheggione fino alla Villa Chigi.
Un lieve sentore di Acqua dell’Elba con due occhi nocciola, seduta in pausa pranzo sotto i lecci del parco di fronte al laghetto con allora cigni e gracidare di ranocchie.
Innamoramenti da punti di vista diversi verso un territorio, con uno sguardo rivolto al passato, nelle sue storie, persone, guerre, ferite, gioie, per rinserrare le fila, riflettere e ripartire, da una bellezza che c’è, da una scintilla che riaccende il tepore, dall’attacco di una canzone che è il titolo del libro, ma non la sua fine: ” Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato,la noia, l’abbandono, niente, solo la tua malattia, paese mio ti lascio, io vado via”.
Un Teatro Vittorio Alfieri pieno di innamorati, sopra e sotto al palco, dove erano presenti gli autori di una “Pubblicazione necessaria”, come ha detto Giuseppe Gugliotti, sindaco creatore di “Sovicille delle meraviglie”.
Il saluto del sindaco di Castelnuovo Fabrizio Nepi e Gianni Resti, Alessandro Rigacci, Fosco Vivi, Monica Roncucci, Claudio Biscarini, Gabriele Maccianti, gli autori del libro intervenuti dal palco, senza dimenticare il prezioso apporto di Fausto Giganti, Salvatore Mastio, Paolo Mugnai, Lorenzo Borgogni.

Un libro della memoria per chi ha avuto la fortuna di vivere gli anni ’60, ’70 e diciamo anche ’80, un libro per chi non c’era, per capire da dove ripartire: socialità, cultura, condivisione, burla.

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