Sulle carte geografiche è più facile a un italiano o uno straniero individuare Macondo o Vigata (luoghi fittizi della letteratura) che indicare con esattezza il Chianti, luogo usato a fisarmonica, spesso per coprire interessi commerciali.
Un’entità resa astratta e associata a ogni luogo in Toscana dove sia piantata una vite, ma nella realtà dei fatti, è conosciuto poco il fatto che, storicamente e geograficamente è una zona ben precisa e definita, di dimensioni neanche tanto grandi.
E in questo fazzoletto di terre pieno di sassi, è in corso in questo momento la raccolta delle olive, di quell’oro verde che per le asperità del suolo, una pianta riesce poco più che a dare una bottiglia da litro del pregiato condimento.
E tutto si svolge fra improvvise nebbie del mattino che bagnano le piante, con la necessità di aspettare che il vento o il sole le asciughino, con le pendenze del terreno, con gli infidi rovi che raschiano i teli, con i daini, che rosicchiano le foglie e fanno perdere molta parte della loro produttività agli ulivi. Il freddo ha bruciato in gran parte la varietà dei coreggioli. Ne esce di conseguenza un olio più dolce al palato e meno piccante.