
Non hanno molta dimestichezza con il letto e con il riposo Giovanni e Antonietta e come loro tutte le persone che esercitano la professione di “panaio”.
Se la mattina ben prima delle sette, sono già disposti sugli scaffali panini, pizza, dolci, pani all’olio e normali, fruste e donzelle è perchè nel cuore della notte si lievita, si impasta e si cuoce per realizzare questa grazia profumata che viene dal grano.
E nel periodo dei Santi, rifacendosi alla vecchia maniera e ricetta del Pan de’ Santi presa in eredità dal Franci, si materializza questo dolce che si sposa a meraviglia sia con il vino che con il vinsanto.
Si differenzia dalla ricetta senese (il grande eno – gastronomo Giovanni Righi Parenti dice che nasce nella Contrada del Nicchio, famosa per perdere i Pali ordinari e straordinari) per l’assenza di pepe e per la presenza di anice e una spruzzata di cannella.
Di un colore un po’ più scuro, con feroci maledizioni (ai santi) quando si arriva a mangiare l’ultimo pezzo.
Diverso da quello senese, a volte troppo secco o troppo pepato, mentre questo non si finisce mai di mangiarne.
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