Promotori turistici, il Museo del Paesaggio, comunicazioni e enti istituzionali, spesso fanno una gran confusione quando parlano (erroneamente) di Berardenga come se fosse Chianti, nel cui territorio non c’entra storicamente niente.
Da “Le nostre orme: Castelberardengo” un articolo dal titolo “Berardenga da quasi mille anni”che spiega bene come stanno le cose.
“Come sappiamo Berardo fu uno dei figli del conte franco salico Winigis che nell’anno 867 fondò l’Abbazia di San Salvatore e Alessandro a Fontebona come cenobio femminile, ma anche uno dei due rifondatori del monastero (anno 1003) si chiamava Berardo, e così anche il padre, deceduto proprio in quegli anni. In questo inizio del XI° secolo, i documenti del Cartulario riportano ad esempio, l’espressione “ filii di Raineri et Berardi” quando descrivono i successori della stirpe, usando quindi le singole persone. Ma il nome Berardo si ripeterà anche in futuro, al punto da rappresentare un’estensione per la definizione della casata.
E’ nell’anno 1050/1051 che si afferma il collettivo “BERARDINGI” , in questo caso il Cartulario si esprime con “ TERRA BERARDINGORUM” – “TERRA BERARDINGA” come nell’atto 629 che appunto riguardava una compravendita di terre appartenute ai berardenghi e non viene più usato il nome proprio di un pronipote di Winigis.
Nel 1106 il Cartulario e nel 1113 il privilegio di Papa Pasquale II, riportano “ monisterio Berardingo” e “monasterium Berardingorum”, eppure dal 1098 l’ingresso dei padri Camaldolesi che lasciò agli eredi dei fondatori solo un esile “patronato” poteva suggerire altro, invece le fonti già assegnavano al collettivo familiare il nome valido per un’intero territorio.
Non è questa la sede per approfondire l’aspetto dell’esile patronato esercitato dai Berardenghi sull’Abbazia, non decidevano come in passato, ma comunque seppero ricavarne forti benefici in denaro, ma ne parleremo un’altra volta.
Nel 1140 troviamo il primo documento dove si applica il sostantivo in luogo del genitivo plurale fin lì utilizzato, si tratta della carta 77 del Cartulario, dove troviamo “ via publica que dividit inter Reinaldo et alios Berardingos” , la strada pubblica che divide fra Reinaldo e gli altri Berardenghi. Si comincia a distinguere il singolo dall’insieme ed è il segnale che qualcosa stà cambiando nei rapporti interni, ma anche questa è un’altra storia, per il nostro nome “ il dado è tratto” da tempo e agli inizi del Duecento aveva già assunto la forma usuale di Berardenghi, come riportato da un documento del 1219.
Nella città di Siena e negli altri centri,questa terra che oggi è l’ala orientale del Comune, (Monastero e Montalto, Arceno, Campi, San Felice, Orgiale, Valcortese, Guistrigona, Sestano e Ripalta, La Pieve di Pacina, Caspreno, Montaperti e Pancole, Dofana, ma che si addentrava anche nell’oltrarbia, vedi Montechiaro e Vico o nelle Crete con Medane, Mucigliani e Vescona, fino alle prime propaggini aretine di Altaserra (Pieve di Montebenichi) e aree della Pieve di San Vincenti, Monteluco, per tutti, a partire dall’inizio del XII° sec. questa era la Terra Berardenga. Oggi le cose sono cambiate, le aree ai margini acquisite da altri comuni, Castelnuovo ha un territorio ben più vasto da amministrare, ma da quasi MILLE anni siamo la Berardenga”.
Fonte: Le nostre orme Castelberardengo.