Vertine: elicottero e fuochi artificiali nella notte

Non è chiaro se alle 23 di mercoledi 8 settembre si festeggiasse la Festa della Madonna o la ricorrenza dell’Armistizio e del Proclama del Maresciallo Badoglio, ma per Vertine è un 8 settembre che di certo rimarrà nella storia.
Presso la nota base elicotterista, in piena notte, con la vicinanza di un bosco e di un’oliveta, rinseccollite dall’arsura di mesi siccitosi e con tizzoli incandescenti che si abbattevano sulle quercie intorno, si è svolto uno spettacolo pirotecnico per accogliere l’arrivo in notturna del famoso elicottero.
Se questo è il modello di turismo non invasivo e rispettoso della natura, dell’ambiente, della bellezza di un luogo millenario, i tempi che ci aspettano, sono davvero tetri.

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4 risposte a Vertine: elicottero e fuochi artificiali nella notte

  1. Andrea Pagliantini ha detto:

    Piccola precisazione: i fuochi articiali, durati un bel quarto d’ora, si vedevano dalla strada all’altezza del cimitero di Gaiole, in un dislivello di duecento metri, dove si aveva una nitida visione dello spettacolo, posto sulla sinistra di Spaltenna.
    Giunto a livello frontale al luogo di esecuzione, i fuochi partivano da poco sotto casa, accanto a un’oliveta e si espandevano nel cielo e ricadevano a terra ad ampia raggiera fra ulivi e quercie secolari, stremate dalla siccità.
    L’elicottero, non è arrivato al termine dei fuochi, ma è partito dalla piattaforma sottostante.

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  2. Pingback: Vertine con Jacquès Prevert | Andrea Pagliantini

  3. Paolo Cianferoni ha detto:

    Tristezza per questo Chianti violentato da interessi di natura puramente economica e da comportamenti sempre meno virtuosi. Ma il discorso di potrebbe facilmente allargare…

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  4. Andrea Pagliantini ha detto:

    “Ti ci dovrai abituare ai fuochi, questa è una struttura di un certo livello dove la genta paga tanti soldi e di fuochi e di voli ne faremo diversi”.
    Queste più o meno le parole rilasciate a caldo da un “fuochista” a chi accanto si vedeva cadere sugli alberi stremati dalla siccità delle faville accese.
    Questo è il periodo più triste dall’abbandono delle campagne negli anni ’60 quando la manutenzione di edifici e terreni venne meno.
    Quelle stesse splendide case poderali che chi non ne ha il ricordo, fatica a credere che allo stato attuale siano le stesse che adesso vengono chiamate “ville”.
    Destinate a un uso completamente diverso, ma che non conservano (se non in pochissimi esemplari) il ricordo di ciò che veramente furono.
    Per fare un esempio: questa struttura “missilistica” è un edificio risalente agli anni Venti del Novecento, quindi relativamente giovane.
    Viene data come costruzione del XVI secolo, ma non è così. La motosega ha steso piante che facevano parte fondante dell’economia agricola che erano intorno casa: gelso, frutti, salice, olivi e che erano protette a memoria dei tempi che furono.
    La parte architettonica, non ha niente della casa poderale chiantigiana, il corpo di fabbrica originale è stato inglobato in manufatti, pertinenze, tettoie che hanno mutato l’essenzialità sobria dell’abitazione agricola.
    Il fatto che siano stati sacrificati decine e decine di ulivi (sotterrati vivi) per fare posto prima alla piscina e successivamente alla pista di atterraggio dell’elicottero, (in mezzo una piantumazione di cipressi fitti come i pomodori nell’orto) con riflettori esterni accesi notte e giorno da anni, dimostrano come “non sia una forma di turismo impattante” e quanto siamo rispettosi e calati nell’ambiente circostante.

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