I funerali di Vittorio Emanuele II nel Museo Civico di Siena

sala risorgimento palazzo pubblico siena

Sala del Risorgimento di Palazzo Pubblico a Siena, si vuole omaggiare Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia recentemente scomparso, come era in uso nei secoli precedenti, all’interno del grande edificio civico.
Sono tre i pittori incaricati della realizzazione delle opere in questa sala immensa: Pietro Aldi, Amos Cassioli e Cesare Maccari, di quest’ultimo, l’opera della cerimonia al Phanteon di Roma, dei funerali del primo savoiardo re della nazione.
C’è tutta l’ampollosità di una casa reale di provincia che diventa dominante in terre certamente non lontane, ma sicuramente poco conosciute, con lo sguardo rivolto sempre alla Francia e al suo idioma, con cui i savoiardi, intrattenevano fra loro conversazioni.
Vittorio Emanuele, fisicamente tanto diverso dal padre (Carlo Alberto, il re tentenna) che la leggenda vuole che, il nonno materno Ferdinando III di Toscana, avesse sostituito il vero nipote (all’epoca morto in fasce) con un popolano, figlio di un macellaio fiorentino, tal Tanaca.
Di fatto, fu uno fra i meno peggiori di questa casata retrograda e infingarda: il figlio, Bertino, che fece sparare sulla popolazione affamata di Milano e che trovò la pallottola di Gaetano Bresci, il cui successore fu “Sciaboletta”, all’anagrafe Vittorio Emanuele III, noto in tutti i libri di scuola per essere un grande numismatico e un piccolo essere umano.
Poi viene un altro Berto, figlio di Sciaboletta e della pastorella del Elena del Montenegro, nato e venuto così bello da suscitare l’ira e le invidie del padre.
Berto in arte Beppo, succube del padre e noto per essere un’ ombra, anche quando ci fu da scegliere se rimanere a Roma e resistere all’invasione tedesca o andare più placidamente in macchina fino a Pescara e poi scivolare nel quieto Adriatico sulla nava Baionetta, fino a Brindisi, lasciando al paese un indignitoso 8 settembre.
Dopo la fine della guerra il referendum Monarchia o Repubblica del 1946, con Beppo che fu re per un mese per poi togliere il disturbo.
I suoi discendenti, il figlio Vittorio Emanuele e il nipote Emanuele Filiberto, sono potuti tornare in Italia dopo l’annullamento della norma che impediva l’accesso al paese ai pretendenti al trono di casa Savoia.
Averli fatti rientrare è stato un bene, si è potuto vedere quando sono degni rappresentati del loro celebre casato, da cui il nome di una regione (Savoia) ceduta alla Francia, insieme a Nizza, ben prima dell’Unità d’Italia. Stringiamo forte questa splendida Repubblica.

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