Non dopo una cena d’ufficio a base di fritto, non prima di aver riposto sulla gruccia il nobile gessato blu, la camicia bianca nel cestino dei puri, la cravatta per i giochi del gatto e le scarpe a punta nell’apposita teca ad ultrasuoni per lustrarle e tenerle appuntite, ma nella strada antistante la sede centrale, per merito di due artisti di strada che con fisarmonica, voce e tamburello, in immane bravura, innalzano al cielo parole di una dolcezza acuta che può far bene a chi è avvezzo a ragionare solo di numeri.
” Ricordi sbocciavano le viole, con le nostre parole, non ci lasceremo mai” storia triste di un amore perduto e mai più ritrovato, parole di Fabrizio De Andrè.