Non ci sono gatti secchi a Pienza, specie quello staziona intorno alla macelleria nella via di fronte al duomo.
Che non ha il doppio mento, ma la doppia pancia si trascina dietro sotto una siepe dopo aver consumato un ottimo ristoro.
E non manca l’odore del pecorino sotto ogni forma solfeggiando la via centrale di suoi profumi misti balocchi luccicanti per taiwanesi che fotografano la porta del bagno con l’adesivo dell’angioletto e tutte le tazze e lavandini del medesimo, le sedie, i clienti, i piatti pieni e vuoti del ristorante e ridono felici da bimbi felici come in dieci a fotografare assieme lo stesso girasole di carta.
Città fondata da Enea Silvio Piccolomini noto al grande pubblico col nome d’arte di papa Pio II.
Devo ammettere che hai fatto un bel giro gastronomico ;-)I gatti poi, mi sembra che se la passino davvero bene in terra pientina…
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Eneasilvienza ha ancora qualche piccolo gradino da fare, poi si potrà dire sangimignanizzata anch’essa.
L’emblema dell’inturismo affermato è proprio il trio di pasteasciutte, figlio della coniugazione tra non prendersi responsabilità e voglio tutto e subito.
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“Taiwanesi che fotografano la porta del bagno con l’adesivo dell’angioletto e tutte le tazze e lavandini del medesimo, le sedie, i clienti, i piatti pieni e vuoti del ristorante e ridono felici da bimbi felici come in dieci a fotografare assieme lo stesso girasole di carta.”
Questa me la segno! E’ l’essenza di quello che succede! Perfetto!
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Sangimignano la vedo ridotta davvero peggio, un divertimentificio chiappa portafogli in cui si vendono le cose più inutili al mondo ma che relaga uno dei suoi vanti e prodotti migliori quale è la Vernaccia in un cantuccio come se un crocifissino di plastica la gringo di passaggio fosse il massimo della produzione territoriale insieme alle osannate palle di neve con le torri dentro.
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Passando nella città di Enea col nome d’arte di Pio II, un posto dove mettersi a sedere standoci bene, con una cucina semplice e stagionale e bicchieri di vino a calice da benedizione, potrebbe essere questo….
http://www.cibando.com/blog/2011/09/20/dal-falco-pienza.html
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Quello che ho detto sopra era intriso di malinconia e dispiacere.
A Pienza ero solito andarci una volta l’anno, d’estate.
Mia zia: “oggi si va a mangiare i pici”.
Dall’Arbia si pigliava la 128, si faceva la Lauretana, si passava da Asciano, e a Pienza ci si fermava a mangiare nella trattoria fuori la porta.
Pici in piatti bianchi e spessi, fiasco di vino, braciola, patate e via. Per noi era la festa. Erano gli anni 70.
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LO sò Dario e ti capisco, hanno trasformato tutto in una cartolina e a caro prezzo certi che tanto nei circuiti turistici in un modo o nell’altro si finisce per passare nel giro scolastico Pienza-Siena-San Gimignano, ma fra le tante località mi pare che Pienza sia la meno bacata anche se di fronte a tanto cacio esposto di pecore ne ho contate solo una quarantina in punta a un poggio.
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