Nel giorno in cui l’Accademia del Nobel, assegna il premio al fisico italiano Giorgio Parisi, per i suoi studi sui sistemi complessi, un altro scenziato, ma stavolta prestato alla scrittura e alla narrativa, riceve l’incarico dal quotidiano Repubblica, di scrivere un articolo sul professor Parisi e per questo giunge un po’ in ritardo alla presentazione del suo ultimo libro, “Bolle di sapone”, in programma presso il cinema teatro Politeama di Poggibonsi, organizzato dalla meritoria Associazione Cultirale la Scintilla.
Sul palco Dario Ceccherini conduce la chiacchierata con Marco Malvaldi, spaziando ovviamente dal libro con di nuovo protagonisti Massimo “il barrista” e i tremendi nonni che bivaccano a giornata al Bar Lume di Pineta.
Si parla dell’oggi in maniera lieve, si parla di come le persone hanno affrontato la chiusura della pandemia e di come sono cambiate abitudini e lavoro.
Nel lavoro a distanza, dice Marco Malvaldi, che un dipendente è acceso a giornata sul proprio pc o sul proprio telefono, ben oltre l’orario di lavoro, dove il capo controlla o chiama in qualsiasi momento, senza che nessun sindacato, nessuna voce della società o della cultura, dica quanto questo è sbagliato.
Dice anche Malvaldi che quando era precario all’Università, il sindacato diceva che la sua categoria non era fra le categorie difendibili in quanto appunto precario.
Della stessa ironia e simpatia che traspare dalle pagine dei suoi libri è l’autore, che in un linguaggio semplice e ficcante (tipico di chi sa e non ha bisogno degli effetti speciali) mette a nudo questo povero presente nostro.
“Le storie non si inventano, ma si prende la realtà e si armonizza, come quando un elefante ti entra nella stanza e ci devi convivere, chiamandosi pandemia”.
Dietro alla chiusura generale del marzo 2020, anche il bar di Massimo e dei vecchietti, ne risente, la porta chiusa, le persone rintanate, la percezione di trovarsi dentro una Bolla di sapone, un velo sottile fra realtà e fantasia, divise, da un sottile soffio di sapone.