Caro Maestro, ne sono passati di anni da quando ogni mattina arrivava a scuola con la borsa finto pelle marrone, che conteneva la banana per la sua colazione.
I pennarelli usati a dismisura in quella sua calligrafia che pareva un tappeto volante.
Il cappotto verde delicatamente appeso, la lettura sulla Nazione, con i fatti del giorno e il loro commento in anni in cui mafia e terrorismo insanguinavano piazze e strade, rapivano Aldo Moro, mentre Andreotti e Berlinguer si parlavano un po’ troppo da vicino negli anni del Compromesso storico, i banchieri poco puliti facevano delle brutte fini e anche i papi duravano poco nela loro missione.
Un baratro di tempo da allora e di più ancora nello stesso giorno in cui a Livorno Gramsci e Terracini mettevano a punto la scissione e lei invece metteva a punto la sua nascita nei ciottoli tondi che costellano i dintorni di Argiano, poco sopra Pianella.
Quel suo mondo contadino l’ha messo tante volte in scena con commedie ironiche e graffianti e poi l’ha raccontato in libri, come la sua opera più avvolgente, “Fatti e figure dell Chianti“che in età adulta ho riscoperto con sensazioni ed emozioni che non si possono rendere pubbliche, ma che un giorno ci diremo volentieri a voce.
Certo è che di essere pizzicottato nelle gote in tenerà età, come in età più adulta è fra le cose che meno mi mancano, ma per tante altre situzioni e per come si è svolto il cammino, mi sono dovuto guardare tante volte in fondo fra ferite sanguinanti che non potranno avere sutura e amore per quelle ferite dagli occhi nocciola e per questi nostri luoghi cari.
Si, perchè sapere chi siamo e da dove veniamo, non è dare un fiorino al gabelliere come nel film di Benigni e Troisi, ma porta a essere modesti, a contentarsi di poco, a riempire occhi e polmoni con il creato si ha intorno, a essere integerrimi con i prepotenti e ironici.
In età delle prime esperienze e delle prime frustate, è tornato tutto: quel suo pacato modo di insegnare, narrare, essere aperto al momdo, alle idee altrui, ma mai alle prepotenze.
La sua storia di Partigiano nel raggruppamento Monte Amiata è un chiaro esempio che le catene, i prepotenti, chi ferisce e umilia i nostri cari luoghi, non sono annoverati fra gli amori più ardenti.