Nella penisola dei bacia mano e delle infatuazioni, a urne aperte per le europee e chiuse per le elezioni locali, si iniziano a delineare semplici scenari futuri.

Genuflessi archeologicamente fra pretaglia e nobiltà, finiti a patire nelle trincee motose del Carso e di steppa per la gloria di chi produceva scarpe di cartone, utensili meccanici e scatole di legno per il rientro, di allucinazione in allucinazione di pelato in pelato, di arto gobbo malefico, di cavalieresca erezione, fino allo scivolare di Matteo in Matteo fra i rutti da bar e dilettanti allo sbaraglio, il livello culturale si innalza in profondità da trivella verso felpe future.
Bartaliarmente sbagliata e tutto da rifare, la ridefinizione dei confini e dell’identità del Chianti, che da questo istante si vede scorticar persin nel nome, quel paesello affogato in quella Buca che da ora diventa gloriosamente Cavargna in Chianti Storico.
Niente di politico: solo una diversa scelta del gelato dopo la briscola e il 31 e aver accompagnato nella stalla la cinta del Lorenzetti verso orizzonti ora incerti.