Fosse dipeso da Mosè la formula del Chianti, come miscela di quattro vitigni diversi non sarebbe mai nata e avrebbe avuto origine.
Nel Deuteronomio (22- 9) si legge:” Non piantar la tua vigna di diverse specie, acciocchè non siano contaminate la vendemmia, le viti che tu avrai piantate e la rendita della vigna”.
Mosè non solo predicava l’unità di vitigno (vigneto specializzato senza altra pianta che non sia la vite) ma ancora più radicalmente proponeva l’unità di vigneto, (una vigna con una sola specie di uva)”-
“Non arare con aggiogati un asino e un bue, non portare vestiti misti con tessuti di lana e di lino e altre massime sull’aggiogamento della donna” si leggono sempre nel medesimo testo.

E’ sempre opportuno che i fanatici di qualunque professione di credo siano ascoltati con dei comodi tappi di cera e cotone calcati nelle orecchie per non essere rapiti dalle dolci sirene dell’infatuazione per una causa idiota o male interpretata.
Fanatismi politici, religiosi, cinghialai, banchieri. Fosse per una di queste categorie non esisterebbe il colore, il dubbio, la ricerca di un filo logico di ragionamento, ma solo una certezza, l’unica: la loro.

Esisterebbe soltanto il sangiovese in purezza e non quella miscela di uve bianche (malvasia e trebbiano) e rosse (sangiovese e canaiolo) che hanno dato sapore e profumi tipici ad un vino fresco e beverino che non si aggioga al gusto imposto dalla moda o dal momento dettato prima dagli inchiostri intensi, dettato ora da una ciurma di soggetti che si vestono cauntry, s’insudiciano le scarpe di mota prima di partire e vanno in giro per il mondo a dare il verbo di vignaioli alternativi portabandiere del libero, del vero, del sano, del verde e degli antani che spargono.

Sempre una delicata foglia di canaiolo vertinese.