L’allevamento del cinghiale nel Chianti Storico, un post di Franco Ziliani su Vino al vino

Da un caro amico viticoltore nel cuore del Chianti Classico, anzi, del Chianti storico come lui ama chiamarlo, mi è arrivato questo grido d’allarme sul macello che stanno letteralmente combinando, pare tra l’indifferenza di troppi, cinghiali e animali selvatici di ogni tipo, cervi, daini, caprioli, che si danno il cambio a seconda delle stagioni e portano, ognuno, un tipo di danno diverso, nelle vigne del Chianti. Il suo è un intervento accorato, che chiama in causa precise responsabilità e altrettanto precise colpevoli indifferenze e testimonia che se da un lato c’è chi viene pesantemente danneggiato dall’imperversare indisturbato di questi maiali selvatici, dall’altro c’è chi invece da questa situazione trae vantaggio. Mi auguro che questa coraggiosa e franca denuncia possa servire a far prendere coscienza della gravità del problema e indurre chi deve intervenire a fare qualcosa e semplificare la burocrazia contorta che regola la materia.

Ciao Franco, chi fa vino in Toscana, ma specialmente nelle zone del Chianti Storico, è costantemente sotto assedio tutto l’anno con branchi di cinghiali che hanno letteralmente colonizzato il territorio, che dal momento in cui il primo acino d’uva imbrunisce fanno razzia.

Qualche notte fa, davanti ad un vigneto recintato con dei pannelli di rete elettro saldata ho visto due bei cinghialoni maschi che all’unisono spingevano con la testa il pannello in avanti, lo smuovevano entravano indisturbati nel vigneto facendo selezione dei grappoli migliori seguiti poi dalle rispettive famiglie.

Per chi vive di vino e uva è un disastro generale. Se hai vigna, se non la recinti non si salva niente. Le leggi che regolano le recinzioni sono farraginose e devi passare in commissioni edilizie, marche da bollo ecc. ecc e non ci passa nessuno, quindi c’è anche un problema di abusivismo con questi reticolati fatti i meno di filo elettrico ( e sono in regola) altri di rete o di materiali più vari (un western).

La politica è sordissima al problema. L’indotto caccia al cinghiale si vede è più potente o temuto dei vignaioli. E’ chiaro che smuovono soldi e voti. I primi per le persone da ovunque che vengono a cacciare da queste parti pagando l’obolo (caro) alla squadra dei cinghialai, il secondo neanche te lo sto a spiegare.

La caccia nelle riserve non è stata fatta quest’anno perché c’erano le elezioni in vari comuni  e non volevano aver rogne con i verdi o gli ambientalisti in genere (parole di un funzionario della Provincia).

Si è arrivati a questo caos dal momento in cui il territorio è stato suddiviso in squadre di cinghialai. Prima di quel momento chi voleva fare una battuta di caccia in un tal posto, mandava qualche giorno prima delle persone a rotazione “a tenere il posto” sul luogo della battuta….
Dal momento che ogni squadra ha un suo territorio lo ha militarizzato e lo sta utilizzando per l’allevamento allo stato brado del cinghiale. Come? Facile pasturandolo tutto l’anno per fare in modo che stia nel posto e non si muova. Questo consiste nel dargli da mangiare tonnellate di pane, mais, frutta ecc. ecc. pratica che fra l’altro non è consentita ma viene fatta e svolta alla luce del sole tanto che, se si viene colti in fragrante ad effettuarla c’è una multa di poco più di seicento euro che suddivisa con il centinaio di persone di cui normalmente è composta una squadra, sono poco più o poco meno di sei euro a testa…….

La pastura comporta la proliferazione incontrollata di questi maiali (che altro a questo punto non sono, per dimensione e voracità) selvatici, ben diversi dal cinghiale che per dimensione e frugalità faceva pochi danni.
Pensa che nel Chianti il cinghiale è stato “importato” dai cacciatori alla fine degli anni ’70 perché non c’erano, come non c’erano i bambi, che brucano i germogli freschi delle viti che è un piacere.

La situazione sta scoppiando. Recinzioni che ormai non servono più a contenere la bramosia del cinghiale all’uva. Cacciatori che spesso e volentieri manomettono i recinti elettrici o tagliano direttamente i fili per far entrare a pasteggiare gli animali o permettere ai cani dall’esterno di entrare nelle vigne senza poi rimettere a posto le recinzioni…..

Non passa notte che non ci siano vigne disintegrate e svuotate della loro uva. L’ATC (ambito territoriale della caccia) manda qualcuno ogni tanto a vedere, ma i rimborsi non coprono tutto il mangiato e c’è anche il problema che è una mangiatoia ormai priva di soldi….. e gli agricoltori oltre al danno ci sta ricevano anche la beffa oltre che di essere pagati meno dei danni subiti, anche di non vedersi pagare per niente.

E’ un macello. Chi vive di agricoltura in generale da queste parti, oltre alle avversità del clima, della burocrazia e dei burocrati ottusi con cui sempre ci si deve scontrare, deve fare i conti anche con l’allevamento alo stato brado dei cinghiali. Distruggono boschi, muretti a secco, divelgono quello che trovano, sono un pericolo per gli automobilisti e banchettano con l’uva.

Di vigne ne vedo parecchie e le giro e mi piange il cuore quando passando a vedere lo stato dell’uva o per semplice diletto di fare una passeggiata, le vedo già praticamente vendemmiate da quei maiali pelosi. Ci sono animi molto riscaldati e gli agricoltori grandi e piccini si sentono presi per il culo perché si vedono il lavoro di un anno svanire in una notte per effetto di una gestione del territorio assolutamente imbecille

Franco Ziliani

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0 Responses to L’allevamento del cinghiale nel Chianti Storico, un post di Franco Ziliani su Vino al vino

  1. Avatar di silvana biasutti silvana biasutti ha detto:

    Ma di certo non sarà stato lo Ziliani a girare per quelle vigne. Mi pare un reportage fatto da uno che conosce la terra palmo palmo …

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  2. Avatar di Gian Marco Gian Marco ha detto:

    Chi non rispetta il lavoro degli altri (e per esempio taglia le recinzioni) lo considero un infame pezzo di m…..

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  3. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    Si, è vero Silvana, pare che il post sia tuta opera di Franco Ziliani, mentre in realtà si limita ad ospitare le parole di uno dei tanti vignaioli vessati dall’appetito e dalla bramosia dei cinghiali per l’uva….. prima che parte di questi animali finisca nelle tonnare dal primo di novembre.
    Poi ricomincia l’ingrasso con pane e mais fino ad agosto………. quando l’uva inizia a maturare… e si riparte….

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  4. Avatar di Filippo Cintolesi Filippo Cintolesi ha detto:

    Sara’ brutto, ma occorre farsi una ragione del fatto che ormai i tempi sono talmente cambiati che anche il paesaggio bisognera’ che si dia una mossa..
    Scherzo, fino a un certo punto, ma davvero bisogna che noi accetttiamo l’idea e l’onere di cambiare un’ennesima volta il paesaggio di queste contrade.
    C’e’ stato un tempo in cui i muretti del Chianti non erano affatto una costante del paesaggio destinata in tempi successivi ad essere ammirata da generazioni di studiosi, di viaggiatori, di curiosi (e successivamente ancora ad essere pressoche’ completamente distrutta nell’indifferenza generale, ma questo e’ un altro discorso); non lo erano, erano anzi qualcosa in via di costruzione in quello stesso tempo, e questo non per un capriccio dei guardiani della terra di allora, ne’ per una preveggente ispirazione di bellezza, bensi’ per una banale necessita’ materiale. C’e’ stato, dopo, un altro tempo in cui il paesaggio locale si e’ uniformato allo spianamento senza troppi complimenti dei sopramenzionati muretti, e alla piantagione di una monocultura di filari specializzati, senza troppi riguardi non dico all’estetica, ma neppure all’idrogeologia. Anche questo per banali esigenze materiali.
    Poi c’e’ stato un tempo in cui, anche grazie alla diffusione di massa dei giapponesi escavatori, si e’ affermata una tendenza a gradonare, ciglionare, erigere muraglioni tanto ciclopici quanto brutti, ma efficaci nel loro rispondere, di nuovo, a una banale esigenza materiale.
    E con questo siamo arrivati a ora. Dovremo trovare un’altro sistema, probabilmente (auspicabilmente?) sulla via del compromesso tra l’orrida ma efficace sfilata di reti elettrosaldate, la discreta ma inefficace stesa di fili elettrici ormai usati dai cignali per farsi la permanente alla setola, e l’efficace ma antieconomica edificazione di muri di cinta in calcestruzzo. Occorre trovare una nuova cifra del paesaggio chiantigiano che tenga conto dei nuovi abitanti. Siamo alla soglia di una nuova stagione di enclosures. I campi aperti vanno definitivamente consegnati alla storia.

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