La valle del Chianti, libro di Renato Stopani

Fra gli inserti della recente mostra “Gaiole in Chianti retrospettiva di un territorio“, organizzata dal gruppo Evorart presso le ex cantine Ricasoli, c’era la gustosa presentazione di un libro uscito già da alcuni anni, ma mai presentato di fronte a un pubblico.

La sala gremita, vari interventi, alcuni lunghi e molto nobili (che a distanza di diversi giorni sono ancora da scorparare e da capire cosa volevano dire) ma ciò che più conta è che il libro di Renato Stopani è di agevole lettura, uno studio accurato e scentifico che fornisce, forse definitivamente la parola fine, su cosa sia il Chianti, da dove deriva il suo nome, quale fosse l’area naturale e omonima (la valle del Massellone e dell’Arbia fino a Pianella) prima di aprirsi al territorio circostante per dare vita a una forma aggregativa militare e politica per oltre cinque secoli.
Gustoso, molto gustoso il passo con il quale il professor Stopani narra delle vicissitudini che portarono a un’apertura della dizione Chianti, aggregata a un paese che Chianti storicamente non poteva essere.

“Stupisce l’assenza di rigore scientifico nello scritto dei due estensori della relazione storica che accompagnò la petizione del comune grevigiano, uno dei quali era uno studioso del calibro del professor Paolo Grossi.

Possiamo solo ipotizzare un eccesso di amore per la propria terra natale, oppure limitarsi a rilevare che “quandoque bonus dormitat Homerus“.

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