“Il Chianti è intoccabile”: duro comunicato del Comune di Radda sull’uso del suffisso Chianti nella fusione fra Barberino e Tavarnelle

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“L’Amministrazione Comunale di Radda in Chianti ha in questi anni lavorato affinché si affermasse un’idea ed una modalità operativa che guardasse a politiche territoriali unitarie e condivise dell’intero ambito del Chianti.

Ci siamo impegnati su più fronti, dalla definizione degli accordi sul Distretto Rurale, al contributo dato nella scrittura del nuovo Testo Unico Regionale sul Turismo, sempre con la volontà di condividere ogni contenuto, soppesando le esigenze di tutti i soggetti interessati, ma senza mai derogare da alcuni principi non negoziabili.

In questo modo sono stati scritti gli accordi sul Distretto Rurale del Chianti Classico, misurando la portata di ogni parola affinché non vi fosse alcun rischio di una lettura estensiva dei confini del Chianti.

Perché, è evidente, che una cosa è attivare strumenti che possano agevolare e favorire un sviluppo economico più solido per le nostre Aziende, ben altro, invece, pensare che questo percorso possa portare ad un allargamento dei confini di un territorio come il Chianti. Su questo non eravamo, non siamo e non saremo disponibili ad alcuna trattativa.

I confini del Chianti non sono negoziabili.

La proposta della Commissione consiliare che affianca le Amministrazioni Comunali di Barberino Val d’Elsa e Tavarnelle Val di Pesa, nel percorso di avvicinamento verso la fusione, di chiamare il nuovo Ente Comune di Barberino Tavarnelle in Chianti, rappresenta uno strappo inaccettabile di tutti gli accordi sin qui definiti.

Pur continuando a credere fermamente nella bontà del lavoro svolto in questi anni in sede di Conferenza dei Sindaci e nelle collaborazioni con soggetti privati come il Consorzio del Chianti Classico, riteniamo che, in mancanza del ritiro di tale proposta, l’Amministrazione di Radda in Chianti non potrà che recedere da ogni accordo e organismo territoriale iniziando a definire nuovi scenari per il futuro del nostro territorio”.

L’Amministrazione Comunale.

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3 risposte a “Il Chianti è intoccabile”: duro comunicato del Comune di Radda sull’uso del suffisso Chianti nella fusione fra Barberino e Tavarnelle

  1. Lallo ha detto:

    A Radda si vogliono levare la sete con il prosciutto.. prima sempre pronti a firmare qualsiasi cosa diceva il consorzio del Chianti Classico che prevedeva per il “Chianti” l’unificazione con i comuni in cui si produce il famoso vino in un fumoso Distretto Rurale che non si capisce bene a cosa serva.. poi l’impennata perchè Tavarnelle e Barberino lo vogliono appicciare ai loro nomi dopo la fusione dei comuni… ben venga questa presa di posizione netta, speriamo serva a far capire agli amministratori raddesi ( e castellinesi) che il Chianti è solo la somma dei tre comuni storici e non c’entra niente con il vino si produce anche in altre zone.

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  2. Filippo Cintolesi ha detto:

    I confini del Chianti non sono negoziabili non certo per un’impuntatura politica, ma perche’ il Chianti e’ un territorio che ha una storia documentata ormai quasi millenaria. E’ la storia che non e’ “negoziabile”. Nel senso che non e’ falsificabile. Se ne facciano una ragione i mercanti a corto di marchi che tirano.
    Quanto al vino, questa storia ormai ricorda quella del famoso coltello cui prima si cambio’ lama (ma continuava a essere lo stesso coltello, eh), poi il manico (ma rimaneva lo stesso coltello, ci mancherebbe), poi di nuovo la lama (normale intervento di manutenzione a un coltello che ci mancherebbe altro fosse cambiato solo per questo…), poi di nuovo il manico (c’e’ bisogno di ripetersi?), poi… Anche nel caso del Chianti prima era (pare) un fiume, poi dei monti, poi un territorio.. e fin qui niente da dire; solo che in quel territorio ci veniva il vino buono, in epoche in cui cara grazia che dall’uva non si facesse direttamente l’aceto, quindi quel vino “del Chianti” sulla bocca dei mercanti e dei clienti divenne “il Chianti”; in seguito, poiche’ al di fuori di quel territorio il nome “Chianti” evocava senz’altro il vino piu’ che il territorio, divenne importante fissare i confini… della zona dove si produceva un vino lecitamente chiamabile “Chianti”. E siccome anziche’ l’unica soluzione onesta (cioe’ si produce un vino lecitamente chiamabile Chianti…nel Chianti! ossia nel territorio di quell’entita’ che per quasi cinquecento anni ha avuto una storia civile, amministrativa, politica unica, la “lega di Chianti”) si scelse la soluzione di comodo commerciale di andare a strologare sulle “caratteristiche” del vino in questione, il quale complicemente non corrispondeva a un vitigno, forse chissa’ a uno stile? Ed ecco – ma guarda un po’ ..chi l’avrebbe mai detto?- si scopri’ che si puo’ produrre un “vino Chianti” anche al di fuori dal Chianti. Solo che c’era qualche dettaglio di comunicazione da limare, per rendere l’operazione minimamente credibile. In questo fu maestro gia’ il famoso bando del 1716 in cui si compie un triplo salto mortale per dire l’indicibile, ossia per affermare che “restato determinato sia” che quella zona comprendeva il Chianti e qualcos’altro, e infatti si cita il Chianti (“la potesteria di Radda la quale e’ divisa in tre terzi”) senza nominarlo! E pian piano di questo passo tale “zona di fattibilita’” e’ diventata ampia quasi quanto la Toscana collinare. E il bello e’ che questo sopruso fu anche spacciato come una “tutela”, il che in un certo senso era, ovviamente rispetto alla prospettiva funesta di veder chiamare “Chianti” qualunque vino rosso prodotto in Italia, com’era diventato quasi plausibile circa un secolo fa!
    A questo punto, come nella storia del coltello, il giochino a rincorrersi di un vino che prende il nome da una zona che prende il nome dal vino eccetera, diveniva virtualmente inarrestabile: una localita’ famosa ovunque (basto’ in realta’che lo fosse a Firenze) per essere piazza di snodo commerciale per quel vino, grazie al trenino che la collegava con il capoluogo, comincio’ a credere davvero di essere divenuta essa stessa “in Chianti”. I suoi primi tentativi ovviamente ricevettero l’accoglienza che meritavano (perche’, stabili’ un importante istanza del potere statale nel rigettare il secondo tentativo, un diritto inalienabile delle persone come dei territori e’ quello di non vedersi usurpato il nome). Purtroppo alla fine, per stanchezza (e calcolo politico), la spunto’. E quella fu la prima crepa in un principio che dovrebbe esser sacro, il diritto inalienabile alla tutela del proprio nome, appunto. Era inevitabile che coi fumi di quel vino si sarebbero ubriacate altre piazze.
    E qua siamo.

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