Vertinesi di cielo e di terra da Alcide a Poggibonsi

Spiegare cos’è Vertine a chi non c’è mai stato non è difficile: un paese fortificato edificato sopra una collina, la cui fisionomia ha due torri ai lati, una chiesa accanto al maschio e Teo che corre e abbaia tutto il giorno poco distante.
Per chi c’è stato, non è complicato spiegare e capire che le radici non si recidono, che chi ci ha vissuto ricorda con piacere gli istanti passati fra le stradine strette, il telefono del posto pubblico che suonava e c’era da avvertire l’interessato di chi aveva chiamato, riportando a voce il senso e il motivo della chiamata o l’orario del prossimo squillo per farsi trovare pronto alla cabina di bottega.
La tecnologia nelle comunicazioni ha creato una rete multimediale fra le persone, ma tornando a essere bassi, ciò che fra i sassi di Vertine rimane, oltre al gusto della battuta anche quando le cose scivolano contrarie, è un mondo di aiuto fraterno, sapendo di poter contare su chi c’è nell’alzare ogni tipo di peso.
Più che alla mail ci si affida al bercio da poggio a poggio e non è un mistero che qui la Rondine vola sempre felice, con quei volti, con quegli sguardi, con quelle mani, le battute, l’ironia di chi c’è sempre in mille forme.
E poi c’è una desina di grandissimo pesce e pregio al Ristorante Alcide di Poggibonsi, con l’accoglienza di Angela Ancillotti, vertinese pure lei negli atri e negli affetti più profondi, più Ivo che non si riconosce nelle foto con la moglie a distanza di trent’anni.

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