Se questo è Palio, se questa è una festa di Popolo, gestita da troppi anni come se fosse una cosa fra fantini, dove nel frattempo il mondo e il contesto sono cambiati, mentre una umile parsimonia, non ha mai investito questa sfida.

Di dieci Contrade, nello sbigottimento di una piazza intera, ne sono partite sei dai canapi dopo che alcuni giorni prima l’Istrice, scontratisi con la Chiocciola dopo una galoppata inutile per la mossa annullata, vede il cavallo infortunarsi leggermente, ma quel tanto che basta per non poter essere atteso.
Qualcosa accade al cavallo e al fantino della Civetta, che scivola a San Martino, viene sostituito da un altro fantino, partecipa alla Prova Generale,ma poi viene privato per partecipare alla corsa in modo nebuloso e strano, tanto da inscenare le prime due proteste in piazza: davani all’Entrone e gli alfieri che non sventolano le bandiere nel corteo storico.
Il cavallo del Leocorno tocca il Verrocchino e viene rimandato nell’Entrone, anche questo prima volta nella storia, l’irrequieto cavallo del Bruco forza i canapi, vola in terra il fantino, anch’esso via e si corre in sei, come fosse una corsa ad eliminazione.

Di normale c’è solo il silenzio che cala sulla Piazza, quando il vigile con la busta contenente la Mossa, scende verso il mossiere.
Un’ Amministrazione che vive per il Palio, come fosse l’unica cosa che necessita la città, una ossessione un po’ ottusa che è arrivata al suo punto minimo.
Dieci cavalli pressochè esordienti sul tufo, dieci fantini, alcuni dei quali giostrano la scelta dei cavalli da parte dei capitani, le monte, le alleanze e le sfide fra di loro, se questo è Palio, se questa è festa di Popolo.
In mezzo a questa incredulità,mista a lacrime, rabbia e scoramento per quel che avveniva, un raggio di turchese incenso, una rondine in volo, lo scoppio del mortaretto che certifica la vittoria del Drago con il fantino Giovanni Atzeni detto Tittia e il cavallo Zio Frac.