Della coltivazione della vite ad alberello si era già detto con un comodo sistema a spalliera che esula dal classico sistema di allevamento, ma presenta una forma più agevole di gestione come se fosse un comune cordone speronato.
Del sistema delle quinconce se ne hanno pochi esempi. Scenograficamente emozionante e bellissima, gestionalmente una bestemmia se affidata alle scoscese e alle sassate del suolo del Chianti.
Un dado, un comune dado da gioco posto sul numero 5. Un quadrato con le viti ai lati e una nel centro ripetuto all’infinito per occupare intensamente un terreno di piante che, essendo allevate ad alberello avranno un tutore (legno o tondino di ferro) e saranno autonome una dall’altra e daranno così modo di essere percorribili per lungo e per traverso con mezzi meccanici di dimensioni ridotte.
In questo modo si intensifica l’occupazione del suolo, si permette alla vite di ben svilupparsi radicalmente su terreni impervi, aridi e siccitosi.
Esteticamente, in questo caso una vigna bellissima…. per chi ci deve lavorare un po’ meno.









In realta’ per l’alberello (forma di allevamento che ottimizza le risorse idriche) il sesto che e’ la morte sua sarebbe quello che massimizza la densita’ per superficie (a parita’ di distanza fra primi vicini), quindi non il quinconce (che fra l’altro non e’ un vero e proprio sesto a se stante, mi dilungo oltre) bensi’ il settonce, ossia il reticolo esagonale.
Il quinconce, ossia il quadrato a corpo centrato, e’ un finto reticolo a se’: non e’ altro che un normale quadrato (senza punto centrale) con l’asse di simmetria a 45 gradi rispetto all’asse del quadrato che si ottiene togliendo al quinconce il punto centrale. Piu’ facile a vedersi che a descriversi.
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