Con gli occhi di un bambino le strade e le piazzette apparivano più lunghe, più larghe e più grandi.
Fuori c’era il buio intenso e da porta a porta due erano le luci che illuminavano fiocamente un percorso prima di terra battuta, poi di asfalto grossolano quando a metà degli anni ’70 venne portata l’acqua nelle case e nei fossi scavati per le tubazioni scappavano tanti pezzi di scheletri.

Un tavolo lunghissimo e allungabile era il centro di ritrovo in cui scorrevano i polli arrosto e le discussioni sul posto, le cose da fare, le feste da organizzare, le serate di tribune politiche in bianco e nero con Pajetta e Zaccagnini o i Giochi senza Frontiere per i ragazzi.

L’ultima battitura del grano venne fatta alla capanna dove ora hanno gli uffici in affitto quei bischeri di americani, mentre l’ultima vendemmia buttando l’uva nel tino di legno aperto rimane sempre di quel periodo, con tutta la gente indaffarata a fare o preparare cose e la sera c’era il tino da ammostare. Nei giorni di battitura tegamate di nana in umido e maccheroni con lo stesso sugo.

All’epoca nelle stradelle il mosto svampava da ogni angolo, non grandi vini perchè veniva badato al monte e al far volume anche se c’era chi passava nella vigna più volte per fare le scelte.

Con gli occhi di un bambino c’era tanta gente curvata dal lavoro ma non nella dignità e nel pensiero: avevano ben chiaro, dopo aver assaggiato la guerra, che la libertà è un bene prezioso quanto un bicchiere di vino la sera.
E qui, anche se la fede ha sempre patito l’asciuttore, la libertà e lo spirito di non piegarsi al prepotente hanno sempre avuto radici parecchio fonde.