Nel biennio 1338-1339, il grande pittore Ambrogio Lorenzetti realizzava nelle sale di Palazzo Pubblico a Siena “L’allegoria del Buongoverno” per ispirare l’operato degli amministratori pubblici che si riunivano giusto in quelle stanze.

Già all’epoca la campagna toscana era un affresco armonico di cura e di uso parsimonioso degli spazi rubati alla pendenza costruendo terrazze di pietra coltivabili con un uso attento degli spazi di coltivazione e varietà vegetali.

Le viti maritate che si attorcigliavano come amanti sui rami dei loppi per non rubare spazio al grano, ai legumi, al foraggio e per non far pasteggiare ad uva le proprie bestie.

Gli alberi da frutto, gli alberi dei legacci per la campagna, gli alberi che fornivano foglia per il bestiame. La casa poderale intorno alla quale giravano e vivevano le braccia di tutto questo.

Poche sono state le modifiche al paesaggio agricolo toscano fino alla fine dell’800 quando dopo l’escavazione di grandi fosse, sono state poste a dimora viti disposte a filare creando i primi vigneti specializzati ma sempre comunque inseriti in un contesto ampio di altre piante gli stavano accanto.

Gli anni ’60, ma soprattutto i ’70 del novecento hanno modificato totalmente l’aspetto paesaggistico e colturale creando vigneti specializzati con un ampia densità di viti ad ettaro ed arrivando alla quasi totale monocultura che comporta impoverimento del suolo e preda dell’oscillazione degli eventi, delle annate……… dei mercati imposti dai grossi numeri che decidono quale sia la denominazione del vino da mungere e poi abbandonare.

Un piccolo gioiello di terreno ad uso promiscuo efficente con viti allevate a capo e razzolo e olivi appena rimessi in forma sono le foto corredano il post a disposizione di chi cerca di amare le cose belle o vuole vedere come era costruito il mondo che non c’è più.