Il recupero di una vigna bruciata

Non si tratta del vigneto dato alle fiamme con il trinciaerba dalla porta dei soliti bischeri, ma del vigneto bruciato nell’INCENDIO DOLOSO dello scorso agosto.

Si tratta di un lavoro caritatevole verso le viti rimaste vive dalle fiamme con l’intento di preservarle e inviarle al futuro, mentre -per quanto riguarda le viti morte- l’opera di bonifica ricorda molto da vicino il lavoro dei barellieri che svuotano dalle carcasse lo scenario apocalittico di un campo di battaglia.
Di questa vigna ne viene stravolto l’assetto disarmandola totalmente di pali, fili di ferro, colonne di cemento: materiali suddivisi e smaltiti diversamente, con un pietoso e disinfettante finale fatto da un rogo di viti morte e sarmenti.
Per ridare forza alle piante è stato scomposto l’attuale allevamento a guyot (capo e razzolo) lasciando sulla pianta due o tre razzoli ognuno con una gemma.

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0 Responses to Il recupero di una vigna bruciata

  1. Avatar di mario mario ha detto:

    Ma della vigna bruciata a San Gusmè (Colle ai Lecci) che ne è stato?

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  2. Avatar di Bante Bante ha detto:

    Non si capisce quante te ne sono rimaste. Se sono poche e non vuoi ancora rifare l’impianto puoi tenerle ad alberello alto, ti basta piantare dei paletti da un metro e mezzo (mezzo va sotto) a sezione quadrata, uno per pianta, in modo da poterle poi riadattare all’impianto nuovo, quando lo rifarai, come guyot doppio o singolo, a seconda della forza. Dalle radici di quelle bruciate, una volta tagliate molto basse, c’è la possibilità che qualcuna ributti a primavera. Io aspetterei a toglierle tutte. Se le piante sono antiche le radici sono profonde, la vite ha una capacità di rigenerarsi impressionante.

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  3. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    @ Bante

    A occhio, ne saranno rimaste un 30%.
    I filari esposti al fronte del fuoco sono stati praticamente strutti: viti bruciate e incenerite o carbonizzate dal pari del terreno in su, neanche l’americane rifaranno capolino.
    Da metà vigna in poi le viti che parevano nè morte, nè in salute sono state tagliate bassa nella speranza di veder scappare qualche tallo domestico…… ma andrebbe bene anche se fosse vite americana.
    Per il resto, non c’è alcuna volontà di estirpo, al contrario, c’è la volontà di fare un infittimento ragionato in modo da preservare il patrimonio di viti sono rimaste, senza poi dover riarmare pesantemente viti nuove e vecchie come lo erano un tempo, quindi hai già capito quale sarà la nuova forma di allevamento.

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  4. Avatar di filippo cintolesi filippo cintolesi ha detto:

    Prima si fa pulito. Poi si riempiono le fallanze. Infine si raddoppia (praticamente) il sesto ma cambiandolo radicalmente: da un impianto in quadro 1,40 per 2,80 si sara’ passati (a cose fatte) a una bella disposizione a settonce con distanza pianta-pianta di 1,40. Di tante belle lucernine.
    Barbatelle americane di 17-37 cercansi, disperatamente.

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  5. Avatar di luca luca ha detto:

    A vedere dalle foto sembra sia stato fatto un lavoro stupendo per il recupero di quella vigna.

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  6. Avatar di filippo cintolesi filippo cintolesi ha detto:

    Dalle foto mi pare si veda poco a parte le macie di pali e fili aggomitolati, risulta della spalliera che fu.
    Diciamo che quel che ancora campa(va) e’ stato razzolato a due occhi. Se si combina questa potatura con l’espianto di qualunque palificazione, si ottiene la nuova “forma di allevamento” (mi garba perche’ pare che le viti si “allevino”, come i polli). Insomma, anzi inzomma, facciamola meno lunga: ho deciso di passare all’alberello. Motivazione primaria: costa di molto meno (vuoi mettere quante colonne, fili, ancore, grappette e altre bischerate in meno?). Motivazione immediatamente a seguire: se unita all’abolizione del filare (alberelli a filare secondo me sono una perversione) permette di disporre di tre vie di lavorazione principali a 60 gradi l’una dall’altra, col risultato di eliminare i problemi di lavorazione interceppo, di erosione, eccetera. Una volta per cosi’, la prossima per cosa’. E poi meno impatto, meno troiai in giro, anche l’occhio ci guadagna.
    Infine, se volessi giocare all’antanista e vendere come fumo quel che e’ necessita’ quindi virtu’, potrei cominciare a decantare i vantaggi dell’alberello per quanto riguarda l’equilibrio vegeto-produttivo….. basta. mi zitto qui.

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