Stamattina mi sono svegliata con un sacco di domande inutili.
C’è un limite alla vendita del pensiero?
L’artista che dipinge, scrive o scolpisce lo fa per se stesso o per i soldi?
Sono una ragazza all’antica, una ragazza di campagna. Ho vissuto per i primi quarant’anni della mia vita in un mondo che non esiste, forse un mondo che è esistito, altrove, ma che sicuramente non c’è più.
Certo, anche Michelangelo scolpiva per il Papa, e le sue scelte sessuali non rientravano nella determinazione del compenso.
Leonardo dipinse la pala della Vergine delle Rocce per le 1200 lire della Confraternita dell’Immacolata, e nessuno oserebbe mai dire che quella non è arte, al più sublime dei livelli a cui l’arte può giungere. E molto prima di loro i lirici greci, che ben chiara avevano la funzione sociale della poesia, di certo non aggrottavano le sopracciglia all’idea di scrivere peana su commissione.
Eppure. La sensazione che ne ho, oggi, è affatto diversa.
Sogno un mondo in cui il poeta è coscienza critica, punta il dito, segna la strada, riporta il pensiero all’etica.
Vivo in una terra dove il compromesso è l’aria che respiro, dove le scelte sono dettate da calcoli di convenienza, dove anche “giusto” e “buono” e “pulito” sono jingle promozionali.
In questa società dove tutto è in vendita, in cui lo sponsor è unico dio, non esiste nulla che non possa essere comprato e il pensiero – per essere libero – deve nascondersi dietro ad uno pseudonimo.
Dove anche chi si lascia morire per un’idea non è un martire, ma il padrino di una cricca che contratta il proprio peso sul tavolo delle preferenze.
Dovrò farmene una ragione.

Il sud ha sempre un grande fascino.
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Grazie @an 🙂
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Si tratta di due terre e situazioni diverse, però mi viene da pensare che più conosco la Toscana e più voglio bene al sud.
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