
Si va in un capitolo di storia: Violante Beatrice di Baviera, vedova di Ferdinando de’ Medici principe ereditario al trono di Toscana, (nella speranza che dall’unione nascessero Medici meno bischeri) figlio del bigotto Cosimo III e fratello del frizzante che risponde al nome di Gian Gastone, ultimo Medici a regnare (gozzovigliando) nel Granducato, si vede mandata dal suocero a governare Siena.
Con il suo seguito germanico di guardie preposte alla sua persona, giungono in città certi salsicciotti di sanguinaccio che il lessico dell’epoca faticava parecchio a dire correttamente:wurst e blutte, che per i palati dell’epoca erano gustosissimi quanto impronunciabili… nacqua così il buristo.
Dalla Baviera a Siena e zone limitrofe il salume posto su pane e poi sulla brace si diffonde e sazia – con sommo gaudio – generazioni di mezzadri che si sfamano delle parti a più bassa richiesta del maiale.
Lentamente la leggenda e il sapore del buristo si spargono nel mondo portando a compimento le calorie degli umili che solcano la zolla o portano tegole.
Poi giunge il profumo della fettina messa sul pane e sulla brace fino a Parigi e l’Unesco lo battezza a Patrimonio dell’Umanità, con tanti patrioti moderni che ingrossano l’orgoglio tricolore come se sapessero cosa sia la bontà delle cose semplici e cosa sia in sintesi la modestia.