Minimizzare, traccheggiare, non agire, lasciando che la vita sociale, le relazioni, i disagi di ogni genere, rimangano tali o si acutizzino.
La solitudine, il disagio sociale e psicologico, vengono sminuiti e ridotti al rango di una manifestazione di allegoria, quando invece è tutto un covare rabbia, rancore, suggestioni mentali e giovani caricati a molla in un ambiente malsano e solitario, che sfocia in serie di aggressioni e minacce con gli occhi di fuori veso il mal capitato di turno.
Ci sono persone che da decenni sono timorose, fino ad essere terrorizzate nell’entrare e nell’uscire di casa, lanci di secchiate d’acqua o vasi di fiori per chi passa, urla, offese verso chi aiuta in senso pratico, cercando di far uscire dall’emarginazione e della solitudine, con il ricavo di un distillato di strilla puerili con la bava alla bocca e minacce pesanti.
Ne consegue emarginazione e acutizzarsi di rabbia, violenza e problemi coltivati nello stretto spazio di pochi metri quadrati, dove sembra che tutto scorra, lontano dal mondo.
Ne consegue che ogni attività ricreativa e sociale finisca costantemente in un marasma di urla, minacce e ripicche, con il risultato che niente e mai più sarà organizzato, in un spicchio di paese che cessa di esistere, all’interno di un borgo dove “sembra che non succeda mai niente”.
Qui non succede mai niente perchè si fa sempre finta di niente, lasciando i problemi come stanno e le persone normali rimangono sole e prive di strumenti per convivere con situazioni estreme come battere sempre su un muro
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Ma i servizi sociali sono a conoscenza di queste situazioni?
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Lo sono, lo sono, ma mentre i problemi sono evidenti, il loro incidere sugli stessi, lo è molto meno.
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Pingback: Il nido del cuculo della Berardenga | Andrea Pagliantini