Cotto di fornace a fascine e terra impastata, carri di bovi che portano terra e legna e al ritorno mattoni.
Immagini fotografiche in bianco e nero inverdite dal tempo di chi aveva pochi anni e calzoni lunghi poca stoffa che ora si sorreggono al bastone.
La stessa aia di allora, crettata, spaccata dal ferro di ruote dei carri e dai fendenti di ghiaccio e sole delle stagioni. I passi di gente china sotto crini di erba, di legna, di qualche sacco di grano o barile di vino. Il bivacco di soldataglia tedesca e ceffi con i teschi nelle mostrine.
Dal Granduca Leopoldo al tablet, quest’aia non si è mai mossa da dove si trova.








