La notte di San Lorenzo è stelle che cascano e antichi suoni di liberazione e riscatto con un passaggio del fronte che ci ripulisce dalla fogna nazista e ci fa conoscere una libertà mai vista e sempre poco apprezzata capacità di non esser gregge.
Il suono del canto delle cicale arriva all’apice tenore, assorda i campi e sale fino al cielo dove si rincorrono rondini e nuvole.
Una notte di calici, stelle e vino che scalda il cuore omaggio al patire delle viti che affondano le radici fra i sassi, prigioniere del loro stato ma libere di decidere se chi si occupa di loro merita o meno l’uva dei loro sforzi migliori. La terra vuole vedere sempre in faccia il suo interlocutore.
L’erba secca, il silenzio, tuonare in lontananza, olive che ingrossano, uva che matura, berci di daino e discorsi a bischero di chi non coprende e vuole dare un prezzo o fare moneta con tutto.
Il canto di cicale più armonioso e due superbamente belle sorelle coccinelle che discorrono fra loro appoggiate ai fiori da granire del finocchio che guarnirà i prossimi inverni di fegatelli da cuocere nel camino con un brindisi di negroamaro o sangiovese.









“omaggio al patire delle viti che affondano le radici fra i sassi, prigioniere del loro stato ma libere di decidere se chi si occupa di loro merita o meno l’uva dei loro sforzi migliori. La terra vuole vedere sempre in faccia il suo interlocutore.”
Tu sei davvero un poeta, termine importante, ma non trovo altre parole…complimenti!
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la penso nella stessa maniera del Braganti…
sei nato poeta Pagliantini, non c’è nulla da dire !!!!
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Sei riuscito a farmi piangere con queste poche righe metafora di vita, dignità, vino e amore.
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Poesia è altra cosa e i veri poeti avrebbero tutte le ragioni di offendersi.
Questo è solo un punto di vista e un modo di essere che un diario quotidiano come è un blog finisce per mettere a nudo.
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Bello e commovente
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