C’erano sette cinesi a Prato

All’interno di un capannone prefabbricato, uno insignificante dei tanti esempi di bruttezza sciatta con la quale si costruiscono le zone industriali in una qualunque periferia di paese o città d’Italia, insieme a bottoni, stoffe e appendi abiti, sono finite in cenere sette persone che vivevano, amavano, lavoravano all’interno dello stesso capannone con sbarre alle finestre e orari di lavoro infami.
Pare che nel mondo ci sia bisogno di materiale di ogni tipo a basso costo. In questo caso si tratta di vestiario, in altri di arance o pomodori, in altri casi di olio o di pollame, in altri ancora di smaltimento di rifiuti tossici facendo buchi per terra alla rinfusa……
Un circolo vizioso che ha per unico scopo il denaro e la sua risproduzione veloce e su larga scala spostandosi da un capo all’altro del mondo senza passaporti e senza controlli.
Senza capire se questo capitale viene da una fogna o da un’opera pia… e chi lo riceve e chi lo maneggia mai si chiede se porti odore di violetta o di persone fitte come polli in un capannone a riprodurre borse o capi d’abbigliamento… pomodori in un campo o abusi edilizi.

Intorno all’incendio di Prato c’è poco da dire, salvo far notare che circola da giorni la favola che quelle persone non sono morte schiave, ma sono morte perchè fumavano davanti alle stoffe, come un bosco d’estate che non è stato incendiato dolosamente ma è sfuggita una cicca accidentalmente.
La libera circolazione del denaro da una parte, la politica dall’altra, la libera circolazione delle idee e della dignità umana nel mezzo a far da scudo a questa montagna di merda di centro-destra e centro-sinistra e di capitali privi di odore.
Se questo è un uomo diceva Primo Levi….

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