Dice Luciano Porciatti che Radda è il paese più bello del mondo e vedendolo quotidianamente dalla collina di fronte, disteso senza invadenza, sospeso come un’amaca fra due querce nel bosco all’orizzonte e passeggiando fra le stradine e la vitalità inventiva da formichine della sua gente, bisogna dargli ragione.

La giovialità e l’apertura mentale dei raddesi, li fa persone di poggio e non di buca.

Il paesaggio è scandito dall’armonia di strutture che non sono state violentate senza regole e a dismisura. Gli unici nei riscontrabili sono l’archeologica bruttura dello scheletro di cemento ai piedi della strada della Volpaia e gli ex capannoni dell’industria mobili Laca, abbandonati, privi di tetto e a occhio e croce a probabile caduta.
Il resto è armonia di un paesaggio scolpito e pitturato di vigne che hanno col cuore aperto lasciato il passo agli ultimi residuati di diserbante e massicci interventi della chimica.
Fra queste stradine si aggirava la Renault 4 impolverata e con il cane da penna dentro del Maestro del Sangiovese Giulio Gambelli.
Le bottiglie nascono da queste parti sono l’eccellenza assoluta nel panorama vinicolo nazionale e non solo, i nomi sono un brivido caldo per appassionati e conoscitori del buon bere a cui presto si uniranno Istine, l’Erta di Radda e il Barlettaio.
Non mancano i Sapori di Toscana furgonati, ma ci sono anche i Profumi e Balocchi della Pierina, le Cose di casa della Sandra, le specialità affettate e casearie del Porciatti, le paste a crema del Sampoli, le delizie di Giovannino, le ruote del Bulli, le lampadine del Landi, la rena del Pometti, il trasporto del Bellucci, il chirurgo delle motoseghe, decespugliatori e frullini da ulive Massimo Minucci alla Villa, i fuochi artificiali della Festa del Perdono.
La dolcezza e l’accoglienza di Silvia Brogi all’ufficio turistico sono un altro buon motivo per girare la bellezza di Radda e dei suoi dintorni.