La mietitura dell’uva

C’erano fondi e stanze dalle quali uscivano  fumi di carbonica dell’uva a bollire nei tini di legno o nelle vasche di cimento innestate dalla violenza soffice di una pestata con i piedi per incendiare i lieviti con l’ossigeno e dare il via all’esplosione alcolica.

C’era un formicaio di persone che stava dietro questo evento con un suo ruolo e un suo piacere che ruotava intorno le vigne vicine a dare una mano a vicenda come succedeva con la battitura del grano e il tutto finiva in un pasto frugale insieme ad un fiasco di vino e due chiacchiere mentre la sera finiva di strizzando l’uva nella pressa.

Non c’è necessità di perdere le ultime rimanenze di quel mondo e di quelle genti che nella durezza del lavoro sapevano alla fine trovare la gioia in un fiore di zucca fritto da mangiare tutti insieme.

Per il vino sarà un’annata beverina ricca di profumi e con una bella acidità.

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0 Responses to La mietitura dell’uva

  1. Avatar di marisa marisa ha detto:

    Questa non è una vendemmia, ma un paradiso terreste 🙂

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  2. Avatar di silvana biasutti silvana biasutti ha detto:

    La vendemmia E’ il paradiso terrestre (oppure l’inferno, se il diavolo ci mette la coda).

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  3. Avatar di Dario Dario ha detto:

    L’acidità di fondo è quello che volevo sentire. Bene.
    Anche a Vertine i fiori fritti si chiamavano topi?

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  4. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    L’acidità di fondo è sempre a discrezione del bicarbonato di potassio farà mettere l’enologo. Quando andava il velluto semi dolce ne veniva dato a barrocci sciolto nel vino.
    No, dico la verità, è la prima volta che sento i fiori fritti chiamati topi.

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