Un marchio che fino alla metà degli anni ’90 era icona di una garanzia sotto la forma di una bottiglia di vino, con una distribuzione capillare in enoteche e ristoranti, con i fiaschi per le bottiglierie, con la produzione di un bianco (della Lega della Berardenga) che spopolava nelle località marine e con uno dei primi rosati quando nessuno lo filava.
Un rosato da salasso di sangiovese della Vigna Grande, messo a fermentare nel legno di una botte da 37 hl e come arrivava alle bottiglie, finiva in un lampo.
Amarcord del tempo che fu, mentre ora il silenzio avvolge le vigne e la cantina, mentre un tempo era tutto un fervore all’imbottigliamento o nei campi e di camion in arrivo o in partenza con uno dei vini più raffinati e nobili che venivano prodotti nel Chianti Classico.
Le vigne sono state rinnovate, un’oliveta sopra la cantina ha lasciato il posto alle viti, la piacevolezza dei passi e del paesaggio corrispondono all’identico romanticismo dei giorni migliori, ma con il clima che cambia e la corposità e il grado che aumentano, i sentori di legno che diverificano le epoche e le mode (il silenzio quasi irreale che incombe) si ha l’idea che sapori e giorni felici sono un ricordo, mentre il confuso presente avvolge come un panno di nebbia..