Il volto di Emanuela Loi nei profili geometrici del grano appena tagliato

Non bisogna essere giusti di testa nel vedere il profumo pulito del pane in mezzo alle geometrie prodotte da una trebbiatrice moderna su un campo di grano di argilla senese ondulata, insieme ai contorni di volti pregiati rubati prematuramente alla vita, accoccolati dentro  un vento di scirocco che non riesce ad asciugare neanche volendo ogni minima stilla di emozione.
Azione ermetica veemente è appoggiare gli speroni sul costato di Ronzinante e lasciare i complici silenti, accomodati o accomodanti che stanno zitti a campare nel brodo di letame spento col non prendere mai posizione, che si fanno mangiare dignità e neuroni in qualche sezione di partito o nei sottoscala in attesa di qualche briciola dopo aver baciato le mani ai bossettini di un qualsiasi paesucolo.
C’è in quelle pettinate sugli stocchi di paglia il volo sulle punte di una rondine e il volto di una ragazza assegnata alle scorte, che con un soffio di vento cade per terra.
In quest’argilla spaccata dal sole, coperta di rotoballe di paglia, straripa il volto sorridente di una ragazza sarda, agente di Polizia che si chiama Emanuela Loi.

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