Emilio Sereni, nella “Storia del paesaggio agrario italiano” scrive che mentre nell’ambito della colonizzazione greca la vite allevata ad alberello basso con un palo a sostegno rappresenta una forma di coltura specializzata, nel dominio etrusco il sistema di allevamento della vite allevata alta su alberi (sostegno vivo) consente nello stesso campo la coltura dei cereali: le viti maritate, i campi ad uso promiscuo.
Sempre secondo il Sereni non è possibile stabilire se popolazioni antecedenti agli etruschi praticassero questo tipo di agricoltura, ma nella valla padana è certo che veniva utilizzata l’uva lambrusca, la vite selvatica i cui tralci dovevano arrampicarsi naturalmente fra le chiome degli aceri, dei pioppi, degli olmi.

Nella casa dei Vettii a Pompei c’è un fregio che raffigura una scena di viti maritate con putti che raccolgono, pigiano, mettono nelle anfore uva e liquido da essa ricavato.
Simile scena nell’allegoria del Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti.
La possibilità di effettuare più coltivazioni su uno stesso terreno, ma anche la possibilità di preservare l’uva dagli animali predatori.
Qualitativamente non ne uscirà un prodotto eccelso avendo l’uva a molta distanza da terra e comporterà difficoltà per avere una maturazione ottimale, ma è anche interessante sapere che questi viti così disposte pur con poche cure e trattamenti conservano uva sana.
Interessante dal punto di vista professionale la vinificazione di queste uve, molto bello e romantico passeggiare sotto questo vialetto con le viti che si mescolano con i pioppi legate dal salice.
Qui il sito Laboratorio Permanente Paesaggio pieno di immagini, luoghi ed informazioni storiche sulla vite maritata.