In tempo di Palio a Siena gli unici strumenti musicali possono far sentire la loro voce per le vie sono i tamburi delle Contrade e le chiarine della banda comunale.
Mentre tutto taceva e la gente raggiungeva lentamente piazza o strusciava per il corso in attesa della prova generale e delle cene nei vari rioni, sotto l’arco dei Rossi si esibiva per la gioia del pubblico passante una godibilissima orchestrina jazz che ha strappato applausi a chiunqe passava.
Questo finchè uno sciame di alti papaveri dei vigili passando davanti ha detto loro di levarsi garbatamente di mezzo mentre signore infervorate (senesi) e chi scrive li applaudiva per far concludere il brano e poi complimentarsi per la loro bravura e per la rimozione di malinconia che essa suscitava.
Questo mentre la piazza lentamente si riempiva e dalle cucine delle contrade uscivano eruzioni di profumi, poponi e prosciutti da affettare, bottiglie da stappare e tavoli apparecchiati da controllare.
Affascinante lo sfondo della basilica dei Servi con i tavoli rosa del Montone, l’azzurro mare dell’Onda, il cremisi austero della Torre con alcuni ragazzi che accordavano tamburi, la Lupa bianco nera che merita davvero la gioia della vittoria.
Il sole del tramonto che abbraccia Siena.
Il Palio, con occhi stranieri:
spencolarsi da una finestra, capendo improvvisamente che cosa si può provare; una cena della vigilia nella contrada del Montone mentre cala la luce, con il cavallo che viene presentato ai commensali; una sera sotto il Duomo a una cena nella Selva, con una signora che è stata “fantina”; a una finestra, accanto a Mick Jagger imbolsito che è lì perché “è uno spettacolo da vedere”; una cavalla che muore e ti senti svenire.
Capire che è roba per i senesi e che dovrebbe essere rigorosamente vietato tutto ciò che rischia di farlo diventare spettacolo (folk) per turisti.
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E dato che è roba per i senesi il jazz dovrebbe essere bandito nei giorni del Palio, anche se signore senesi hanno preso le difese degli orchestrali dicendo ai vigili che “Un davano punta noia”.
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