Foglia di prezzemolo

Quando girando per le in vigne consumatori ed appassionati si imbattono in filari dal colore verde intenso e con foglie di in fitta macchia sosia del prezzemolo, non pensino o si facciano incantare da chi dice si tratta di Sangiovese.
E’ solo cabernè.

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0 Responses to Foglia di prezzemolo

  1. Avatar di Bante Bante ha detto:

    Lo si distingue facilmente dal Cabernet per via della forma del grappolo, per la scarsa produttività e dal colore delle fogliame, ma anche il Pugnitello ha quell’ effetto ‘prezzemolo’, dato dalla profonda lobatura e dalle tante insenature aguzze nelle foglie. In una piccola azienda ai confini del Chianti Classico, parlavo con l’agronomo delle loro vigne, ne hanno due: una antica, bellissima (che la proprietà voleva stendere per farci il prato), e l’altra di circa sette anni, realizzata ad arte da un enologo molto scrupoloso e colto, nel breve periodo in cui ebbe in affitto questi terreni (in pratica realizzò la vigna e poi fu cacciato dalla proprietà, per ignoranza della proprietà stessa in materia agronomica). Ecco, questo agronomo non sapeva che vitigni ci fossero in quella, a suo modo di vedere, bizzarra vigna nuova, ma era sicuro, ed orgoglioso, che ci fossero almeno alcuni filari di Cabernet, riconoscibili perché le foglie ‘diventavano rosse’. Gli spiegai che quella vigna era molto poco bizzarra ma molto ben fatta, da una persona che aveva capito certe cose molto prima di tanti altri ed aveva messo insieme una serie di vitigni autoctoni, nelle percentuali giuste, che avrebbero dato dei vini sicuramente interessanti: nella vigna c’era Sangiovese (ovviamente), Pugnitello, Foglia Tonda, Colorino e Canaiolo. E quelle foglie che viravano sul rosso non erano, Dio grazie, Cabernet, ma il nostro caro, vecchio, macchiadenti Colorino.
    Poi, avendo saputo che questo agronomo aveva fatto comprare delle barbatelle per le poche fallanze di questa vigna e per alcune di quella antica, ho chiesto con quale criterio le avesse fatte fare, se cioè avrebbe sostituito un vitigno con lo stesso vitigno o se avrebbe tappato tutto a Sangiovese, come mi sembrava che stesse facendo, e con quale Sangiovese, quale piede. Mi disse che metteva il ‘Brunello’.

    Lo guardai storto, parecchio, e mi disse: ‘perché a te non ti piace il Brunello?’.
    In seguito, alla potatura seguente, ho fatto (già l’ho detto) la selezione massale della vigna antica e ho fatto fare un migliaio di barbatelle dello stesso genoma su110r per coprire le fallanze di questa. Ho discusso con un trattorista che entra in vigna col cingolato anche quando è molle. Sono allibito quando il solito trattorista ha divelto e scosciato una ventina di piante cinquantenarie passando il tridisco, in una vigna, appunto, antica, in seconda marcia e senza l’aiuto di nessuno. Mi sono avvilito alla risposta del fattore che minimizzando ha detto: ‘che sarà mai, tanto ci si rimettono’. Mi sono battuto per potature meno sciatte, e per il recupero e la rivetrificazione delle vecchie vasche in cemento. Ho fatto sospendere i diserbanti e convertito i vigneti in biologico. Ho potato, sfogliato, cimato e zappato dove si doveva. E alla fine sono stato cacciato via. Anch’io. L’agronomo, successivamente, ha fatto vendemmiare con le macchine una vigna, quella vigna, tutta tòrta del 1960 (una parte è del 1972, una parte del 62).
    Comunque si, in questa stagione se volete distinguere il Sangiovese Dal Cabernet, il Sangiovese vira sul giallo e il Cabernet arrossisce. Lo dice L’Agronomo.

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  2. Avatar di Bante Bante ha detto:

    Scusa, Andrea, l’appropriazione indebita. Per questo commento sgangherato dovrei almeno pagare l’imposta d’occupazione suolo pubblico.

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  3. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Niente scuse Bante capisco bene lo sfogo e cosa genera queste parole essendoci in qualche modo dentro anche io quel modaiolo ambito del vino.
    E l’agronomo che mette il Brunello è da scolpire nel marmo e lasciare nella storia per i posteri 🙂
    Il patrimonio genetico e di sapore che portano con se le viti di tanti anni non è una cosa banale o da fissati, è qualcosa di serio e se avessimo tutti un poca di lungimiranza nel guardare oltre il borsello di ora o di quei tristi anni ’90 e 2000 forse si sarebbe un pochino meno omologati e un pochino più riconoscibili.
    Mica un secolo fa, si tratta di pochi anni, in una vigna piantata negli anni ’60 e piuttosto ben messa avevo selezionato su quattro filari nel punto migliore del vigneto oltre un centinaio di viti di sangiovese e qualcuna di canaiolo che avevo vinificato da sole e fatte assaggiare poi al Maestro Gambelli che rimase felice di tale prova e dell’idea di moltiplicare quelle viti per riempire le fallanze o magari per creare vigne nuove.
    L’anno dopo o poco più questa vigna è stata sterminata da una serie di personaggi legati a una nota ditta americana che hanno nel dna quello di marginalizzare i terreni e fare il vino in posti difficili….
    E in questi giorni ho colto l’uva da viti di trebbiano di una cinquantina di anni o forse più.
    Delle viti dal tronco larghissimo e con una forza infinita.
    Di queste vigne/viti ne sono rimaste pochissime, qui: o per abbandono, o per deficenza come nel caso americano, o per fuoco come accaduto alla fine di agosto sono rare le viti antiche presenti e sarebbe l’ora di pensare a preservarle e moltiplicarle prima che sia troppo tardi.
    Ci sono anche vigne recentissime malate di mal dell’esca se questo è di conforto…

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