Per un uomo non c’è rosa, donna, mora senza spine e per una donna non c’è mora, uomo, rosa senza spine senza vie traverse centrali compromessite di fuga.
Però per tutti c’è una convergenza parallela sulla pallosità di redazione e lettura delle ricette di cucina e sulla bontà delle more di macchia e sulla loro trasformazione per un utilizzo invernale sul pane a colazione.
E’ facile la marmellata della signora Adelina come è semplice la bellezza moresca di macchia mediterranea di certi paesaggi con le spine.
Alle spine io darei la valenza allegorica della vita, un po’ come le salite che ti fanno apprezzare poi le discese!Angelica
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I rovi quassù si chiamano scariun, scarioni, etimo che ha generato anche un cognome mediamente diffuso.
Sia anno che ora hanno dato e danno diverse more, ma anche parecchio camolate.
Pure da te?
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“Scarioni”. La Scarioni, mitica piscina all’aperto (milanese), ora defunta o demolita. Zona Città Studi, là dove l’estate era più estate ancora, per noi ventenni – impegnati a studiare moltissimo, lavorare tantissimo, divertirci esageratamente.
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La ricetta: Clafutis di more (o lamponi, ma le more sono ideali perché più sode).
Non so scriverla, perché vado a braccio, ma se interessa mi interesso e trascrivo la ricetta ufficiale.
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@silvana
la Scarioni è rinata e assurta al rango di centro balneare
http://www.milanosport.it/
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Caro Dario@, sì, ma io ho confuso lucciole con lanterne. La Scarioni (lieta che sia rinata) è in zona Niguarda, non Città Studi, dove c’era la “Ponzio”. Errore “anagrafico”!
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Chiaro Silvana.
La Ponzio di via Ampere, ristrutturata, si chiama Romano ed è anch’essa un centro balneare.
Ai milanesi piace l’acqua, ai toscani il vino.
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Differenza di gusti non da poco Dario….. l’acqua fa vapore, il vino fa sangue.
Silvana, metti la ricetta a braccio che le more son mature e non si può traccheggiare per coglierle a rischio di non trovarle…
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More sciacquate (sfizio: col vino bianco) e ben sgrondate.
Teglia bassina, ben unta (burro: eh sì, siamo in Francia), messa in frigo, tolta dal frigo e ben spolverata di farina, scrollando tutto tutto il superfluo.
Sistemi le more fittamente in non più di due centimetri di spessore (io consiglio di non zuccherarle, soprattutto se sono ben mature).
Pastellina con yogurt bianco, poco latte intero (siamo sempre in Francia) un cucchiaio di farina o fecola o maizena, pizzico di sale e zucchero di canna secondo i propri gusti, un uovo.
La pastella viene versata sulle more, lentamente, in modo che penetri negli interstizi e li colmi; deve essere fluida, ma non troppoliquida: lo yogurt è importante.
In forno a 220°: deve asciugare e rapprendersi, ma non colorarsi, perciò se necessario anche meno caldo.
Si sforma, rovesciandola (per quello deve essere imburrata e infarinata ad arte) in un piatto (nel modo consueto). Si serve fredda o appena tiepida, anche con palla di gelato e spolverata di zucchero al velo.
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Dario@: noi milanesi annestate toscane amiamo l’acqua – per nuotarci – e il vino, per annegarci il ricordo della grande città cattiva.
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E noi milanesi di radice toscana diffidiamo da troppa acqua e troppo vino malvagio.
Come diceva il mi nonno: meglio un bicchiere di più, ma che sia bono.
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