Attenti al finto olio di oliva

Una volta ci veniva propinato il cosiddetto “ vino da pompa”, un bellissimo termine  che stava ad indicare un vino non vero, un vino fatto di acqua e “bustine”, come la vecchia “Idrolitina”. Oggi sembra che anche l’olio possa essere “ da pompa”.

Gli uomini del Nucleo Agroalimentare Forestale di Roma del Corpo forestale dello Stato, a seguito di una lunga indagine iniziata nel settembre del 2010 e finalizzata a verificare la filiera di qualità  dell’olio extravergine di oliva, hanno riscontrato, presso diversi stabilimenti di confezionamento a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata, per un valore di circa 4 milioni di euro.
L’ipotesi degli investigatori è che i documenti  siano stati contraffatti per ingannare sulla vera natura del prodotto che, secondo la Procura di Firenze, conterrebbe olio di oliva deodorato, di bassa qualità e dal valore commerciale tre volte inferiore a quello etichettato come extravergine.

La deodorazione è un’operazione di rettifica dell’olio di oliva che consente di trasformare oli di oliva non commestibili di scarsa qualità in oli di oliva senza difetti, ma che una volta subito questo trattamento non possono più essere commercializzati come oli di oliva extravergine.

Questa pratica illecita diventa quasi obbligatoria quando passa molto tempo tra la raccolta dell’oliva e la sua trasformazione, visto che potrebbero insorgere fermentazioni dannose alla qualità del prodotto, o in caso di super-maturazione delle olive o ancora nei casi di cattiva conservazione delle stesse.
La Procura di Firenze, che sta svolgendo indagini approfondite su una nota azienda estera proprietaria dal 2005 di alcuni importanti marchi italiani di olio extravergine di oliva per accertare i reati di frode in commercio e di falso materiale, ha chiesto di effettuare accertamenti analitici idonei a verificare la vera natura del prodotto nell’ambito dell’udienza di incidente probatorio del 15 marzo prossimo.
Un nuovo metodo diagnostico, recentemente acquisito dal Consiglio oleicolo internazionale (C.O.I.), consente di accertare, attraverso la presenza del livello di alchil esteri nell’olio, la deodorazione del prodotto che così spiegherebbe la manomissione dei documenti e la presenza di alcune sostanze all’interno dell’olio che non dovrebbero essere presenti in concentrazioni tali in un olio di qualità.
Proprio di recente l’Unione Europea ha stabilito un limite per la concentrazione degli alchil esteri stabilendo delle soglie massime, superate le quali un olio non potrà essere etichettato come extravergine, a garanzia della qualità del prodotto e dei consumatori europei.
I limiti introdotti prevedono che un extravergine è tale se la somma degli esteri etilici e metilici da acidi grassi è inferiore a 75 milligrammi per chilo.
L’introduzione di tali parametri chimici consentirà di scoprire se il tipico condimento mediterraneo è genuino oppure se è stato ottenuto da olive di scarsa qualità o se è stato miscelato con oli deodorati.
L’indagine del Corpo forestale dello Stato, che ha permesso di scoprire l’esistenza di oli commerciali etichettati come extravergine di oliva con un contenuto elevato di alchil esteri e di qualità più scadente, ha reso necessaria una maggiore trasparenza nel settore per poter salvaguardare i prodotti del Made in Italy. L’obbligatorietà di esplicitare in etichetta l’origine degli oli extravergine di oliva è stata rafforzata in modo più organico dalla recentissima legge dello scorso febbraio sull’etichettatura e sulla qualità dei prodotti agroalimentari, che costituisce un ulteriore strumento normativo a disposizione degli investigatori e a garanzia dei consumatori.
Quest’ultima operazione del Corpo forestale dello Stato si inserisce nella vasta ed intensa attività complessiva di sicurezza agroalimentare che negli ultimi anni è stata particolarmente incisiva, sulla base delle Direttive del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, finalizzate a difendere la qualità dei prodotti per i consumatori, a contrastare le illegalità del mercato a tutela dei produttori e a perseguire le contraffazioni e le adulterazioni degli alimenti a danno dei cittadini.

Ne parla Gianna Ferretti.

Articolo tratto da Amantea.net

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0 Responses to Attenti al finto olio di oliva

  1. Avatar di Gielle Gielle ha detto:

    Se non siamo in grado neanche di tutelare un bene prezioso come l’olio e prendiamo per il culo chi veramente la fa per bene, siamo davvero una nazione non vale nulla.

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  2. Avatar di mario mario ha detto:

    …comunque,a parte questi tipi di truffe,di EXTRA ,nel vero senso della parola,cosa c’è nel 70-80% delle bottiglie in vendita a prezzi sotto i 4-5 euro/litro ? rifate le leggi..”legislatori” ce ne è bisogno !

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  3. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Di leggi mi sa ce ne sono anche troppe con una si avvolge sull’altra per dare appiglio ai fetenti di continuare sul filo del rasoio a fare ciò hanno sempre fatto.
    Ogni tanto qualche bottiglia di olio dai prezzi strani la piglio per curiosità e mi chiedo come si possa mettere ina mano la propria salute e il condimento dei propri piatti a unto del genere.
    L’olio è altra cosa rispetto a quello in quelle dannate bottiglie.

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  4. Avatar di filippocintolesi filippocintolesi ha detto:

    Sottolineo quel che dice Mario. A parte questo caso eclatante di vera e propria sofisticazione (perche’ oltre a essere una truffa commerciale, si tratta di una sofisticazione alimentare), si pensa forse che oli a prezzi “contenuti” con cipressino nell’etichetta possano veramente essere quel che dicono di essere o anche soltanto lasciano pensare che siano? In attesa di legislatori che rifacciano le leggi, se intanto il Pagliantini rifa i conti che fece un paio d’anni fa a proposito dei costi di gestione di un oliveta (magari contabilizzando per intero il lavoro che ci va a finire), qualche idea ce la si puo’ fare.

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  5. Avatar di mario mario ha detto:

    ..se le leggi sono tante ed di regolamenti ne abbiam fin sopra.. i capelli ..almeno ditelo con chiarezza..che ci prendete x i ..fondelli.. (PENSIERINO MATTINIERO )

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  6. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Quoto e straquoto !!!

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  7. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    OHH Mario, ma non ti sei mai accorto della sfilza di avvocati, notai, commercialisti, azzecca garbugli in genere che affollano le stanze che legiferano?
    Ce l’hai mai visto uno che pota la vigna, travasa il vino, guida il trattore, pota l’ulivi fra quelle stanze?

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  8. Avatar di vita vita ha detto:

    SE CONOSCI DI PERSONA CHI FA L’OLIO E’ MOLTO MEGLIO………..

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  9. Avatar di mario mario ha detto:

    ..sai,carissimo Andrea, cosa non vedo più (non è quasi mai successo)da tanto in italia…(ecco il vero problema degli agricoltori”moderni con tuta bianca e guanti ”per non sporcarsi e non farsi venire i calli”)prendere trattori,aratri ,forcali e mazze(anche quelle x piantare talvolta i pali) e andar da ”quei signori… ”a salutarli..”

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  10. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Ogni tanto i pastori sardi lo fanno e hanno tutta la mia approvazione, sono gli unici che si fanno sentire.
    Sugli agricoltori moderni meglio stia zitto, sembra esista il mondo solo perchè sono arrivati loro mentre prima erano tutti bischeri…

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  11. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Vorrei fare qui la seguente modesta riflessione.
    Sentivo a radio3, una decina di giorni fa, un’insegnante calabrese (fosse stata piacentina sarebbe stata la stessa cosa) che si rammaricava per il destino dei propri maturandi – “non riusciranno a trovar lavoro” – e fin qui l’ho seguita con ovvia comprensione. Senonché ha aggiunto “ora che il ministro Brunetta ha dichiarato che i posti pubblici dinìminuiranno di trentamila unità, i miei studenti dove andranno a lavorare?!”.
    Ecco un esempio di mentalità che affligge il nostro paese – un tempo manifatturiero (da cui la fama dei prodotti italiani, belli e buoni) – ridotto ad avere un tot di milioni di lavoratori di un settore pubblico improduttivo, o poco produttivo, quando va bene.
    Nel calderone ci metto anche quel monumento burocratico che è divenuta l’agricoltura, dove gli imprenditori (o coltivatori diretti) passano più del 50% del loro tempo per uffici, a far pratiche ormai molto fantasiose.
    L’ultima trovata – non riguarda nello specifico l’agricoltura, ma genericamente tutte le imprese con più di cinque addetti – è quella del consulente psicologo obbligatorio (con relativo canone da pagare).
    Un’altra trovata è quella della privacy (riguarda tutti quelli che hanno una partita iva); devi munirti obbligatoriamente di ‘libretto’ con le istruzioni per applicare le regole della privacy(€ 140) da mostrare in occasione di ispezioni…
    Ci sarebbe da darsi da fare per smontare tutto ciò, perché se non si alleggerisce la pressione di queste incombenze, i grandi ‘produttori’ saranno sempre di più incentivati a fare fogne e i piccoli periranno travolti dal peso e dai costi.
    L’olio extravergine è ANCHE questo…

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  12. Avatar di filippocintolesi filippocintolesi ha detto:

    A proposito di manifestazioni di agricoltori che prendono trattori e quant’altro per “far sentire le loro ragioni”, a parte il fatto che se ne sono viste e sentite parecchie negli ultimi anni, voglio dire che non ho nessuna particolare simpatia per jaqueries e simili moti, piu’ o meno spontanei, molto spesso strumentalizzati e quasi sempre condotti all’insegna di un punto di vista che non si spinge al di la’ del proprio naso. Le varie proteste degli allevatori che violano il sistema comunitario delle quote latte e che pretendono che altri paghino le relative sanzioni che l’unione europea (giustamente) commina, sono l’esempio di quello che ho in mente.
    A proposito dell’agricoltura “di paesaggio” che abbiamo in mente tutti noi che stiamo facendo questa discussione, reitero la domanda relativa alla sua sostenibilita’ economica, gia’ fatta altrove: quanto siamo (siete) disposti a pagare un litro d’olio ben fatto proveniente dagli oliveti che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi (ossia inerpicati su per colli e rupi, in terreni rocciosissimi e di scarsa fertilita’)? A che prezzo si comincia a stracciarsi le vesti al grido di “ma questo e’ un furto”?
    Cosi’, tanto per capire se stiamo veramente parlando della stessa cosa o no.

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  13. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Infatti parlo di pastori sardi, gente tosta e seria, non di quote latte e berci contro Roma ladrona per poi fare il proprio comodo e non pagare le multe.
    Con le insegnanti calabresi ci vuole pazienza Silvana, non aggiungo altro, ma fidati.
    Il consulente psicologico ci vorrebbe a me che da buon visconte dimezzato reggo agli urti della cartaccia, del fisico, della voglia di battere il fianco di ronzinante verso altri orizzonti del mondo e invece mi incaponisco per ora a rimanere per la stura di un po’ di sassolini a breve e futuri e per il bene voglio a questo posto specie adesso con all’orizzonte nuovi maialeschi abusi.. ma se ne parlerà più avanti.
    Per il prezzo equo di un prodotto del genere Filippo, lascio la parola a chi se ne intende o chi può capire l’aridità di rese e tempi.
    Astenersi chi compra olio a pochissimi euro ai frantoi di provenienza tavoliere o più giù e lo rivende per olio suo locale….

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  14. Avatar di mario mario ha detto:

    ..quote latte?….stavo per dire..”cosa sono?”,,,poi pensandoci un po’ direi..anzi dico …”PANE X I BUROCRATI..E DI TUTTI (noi)CHE LE INZUPPANO”

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  15. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    caro Filippo Cintolesi, penso che acquistando dal produttore olio extravergine sfuso (non sto parlando di prodotti bio o altro) non puoi pagarlo meno di 9 eu al litro e lui (se non ha oliveti terribilmente impervi) va in pari, ma se si deve trattare lo stesso olio come un prodotto che deve rendere e consentire di camparci, il produttore non te lo potrà vendere a meno di 16/18 eu al litro, nudo.
    Conosco le lavorazioni:
    terreno,
    alberi,
    raccolta,
    molitura,
    ed elencate così paion rosina, ma le ore sono tantissime…
    La vendita dell’olio confezionato (possibilmente in bottiglie piccole (500cc?) consente di valorizzare il prodotto e recuperare qualcosa; ma la cifra per guadagnarci è la seconda (e considera il prodotto sfuso).
    SE chi ha rastrellato soldi per “tutelare” e “promuovere”, l’avesse fatto davvero, non saremmo qui a scrivere; ma sappiamo che i “marchi” di tutela sono troppo spesso bufale galoppanti.
    Personalmente ho tentato di convincere soggetti vari a intraprendere azioni semplici per far conoscere il prodotto direttamente ai consumatori, ma mi hanno dissuasa dicendomi che “è pericoloso”(?).

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  16. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Ci hai preso perfettamente Silvana.
    Tutto giusto compreso che chi si occupa di agricoltura e paesaggio non si arricchisce e compreso il fatto che l’olio ha più ombre del vino ed è bene si venda troiai al consumatori a pochi centesimi la bottiglia e ne siano contenti mentre nelle punto e panda mettono l’olio a venti euro il litro.

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  17. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    venticinque eu nella golf…
    le mie figliole hanno mille olivi (cinquecento piantati dalla sottoscritta, NON con le proprie mani perché non ce l’avrei fatta…) e so che razza di casino sia tenerli in ordine e raccogliere e molire eccetera. loro, nonostante abbiano come attività prevalente il vino, sostengono che gli olivi ben valorizzati e non per moda e senza cedere ai magnaccia del settore possono essere un bellissimo lavoro. ma diosolosa perché il solo gesto di mettere insieme qualche produttore per far valere il valore dell’olio può dare adito a sospetti e minacce. E impreviste difficoltà. Eppure…

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  18. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    C’è da mettere in conto che da niente non viene niente e tenere le piante in ordine e in fila come bei soldatini in parata comporta starci dietro e passarci tempo.
    L’olio di queste zone è una ricchezza e un patrimonio, tutto sta trovare il verso di farlo cpaire e valorizzare fuori dai classici circuiti e fuori dalle logiche della tanica in offerta sugli scaffali che tanto unge uguale.
    Si spendono trenta euro per una bottiglia di vino dura un’ora per il paicere e il gusto di un bel bicchiere e si fa gli schizzinosi per una bottiglia di olio a dieci euro che dura un mese se buono perchè per condire ne basta un filo.
    Qualcosa non torna c’è per forza.
    Gli ulivi sono una risorsa da far decollare per la salute e la qualità della vita delle persone, non ne esce un banale condimento.

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  19. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Quindi si potrebbe ripartire da qui, da questo tuo blog, per ridarci dentro.
    Dato che appartengo alla categoria che viene definita (non solo a Milanobella)dei maimorti (quelli che gli tiri un cazzotto e vanno a terra per rialzarsi subito, massaggiandosi la parte lesa) potrei prendere in considerazione la cosa.
    Potremmo cominciare con una degustazione a Milano…(perché proprio a Milano?: semplice, perché è il più grande mercato europeo).
    Buona domenica.

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  20. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Questo è un piccolo blog di frazione niente di particolare, ma ci si può provare a mettere in piedi qualcosa con l’olio.
    Milano mi prude un poco.
    NOn sarà che qualche cumenda inamidato viene a spiegare come si potano gli ulivi o se ne bruciano gli ulivastri perchè lor san tutto?

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  21. Avatar di mario mario ha detto:

    …Milano e i milanesi ,così mi dissero alla fiera dell’olio a calenzano,sono molto interessati all’olio..di qualità,e se non capii male nella nuova dop di seggiano ci hanno messo anche loro ”lo zampino”..

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  22. Avatar di filippocintolesi filippocintolesi ha detto:

    Ma lo sapete a che prezzo riesce a produrre olio eccellente il sistema Spagna? Per quale motivo il consumatore europeo dovrebbe pagare a noi dieci volte tanto quello che potrebbe pagare rivolgendosi ad altri? Mi sa che il lavoro di “comunicazione” da fare, e’ piuttosto arduo. Il treno oleario l’Italia l’ha gia’ perso, ormai. L’olivicoltura in zone come le nostre e’ giardinaggio. Non attivita’ produttiva, giardinaggio.

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  23. Avatar di ambra ambra ha detto:

    sono sempre del mio parere….
    manca la cultura dell’ olio…..dell’ informazione
    la scelta del prodotto non sarebbe cosa difficile..
    hai ragione Andrea, per i soldi spesi per una bottiglia di vino……
    fa molto “fico” dire ho bevuto il……
    mai sentita un’ espressione del genere rivolta all’ olio,,,
    ci sarà un motivo no ?
    Ambra

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  24. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    Filippo, mi ricordo bene chi disse la storia dell’olio spagnolo e dei suoi costi, ma hai visto e sai che sono fatto strano e non presto orecchio a chi ha venduto vino su carta e carta su vino negli anni passati omettendo di ricordarsi che nel lavoro svolge esistono regole.
    C’è gente ha uno stipendio medio alto che si può permettere di scegliere e avere certezze nel piatto e pretendendo cose salubri e certe.
    Gente che non cercherà mai olio spagnolo, ma prodotti di non grande quantità in un luogo certo e raggiungibile per vedere un bischero potare gli ulivi e magari volarci in terra e per vedere da come una boscaglia è tornata un’oliveta godibile.
    Qui non ci saranno mai grandi numeri, non si cercano, non si posono avere in un terreno arido e sconnesso come i nostri, ma la qualità del ciò si fa e del viso ci metto avendolo come unica ricchezza da spendere con orgoglio sono certe.
    Le olivete sono visibili, il loro stato, il come erano, il luogo dove si trovano e le pedate ricevute poco accanto a dove sono… una storia da raccontare, un posto da difendere.
    Giardinaggio adesso è anche avere le viti, coltivare cavoli o pumodori e fare il cacio ecc.
    IO ad una tessera di partito come proposto da miei ex (fortunatamente) amici longobardi per trovare un ufficetto alla provincia e una seggiola da tener calda preferisco stare sotto al piede di un ulivo.

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  25. Avatar di filippocintolesi filippocintolesi ha detto:

    Ma che c’entra? Cosa c’entrano le tessere dei partiti, cosa c’entra chi ha venduto vino di carta? Il punto e’ uno soltanto, e non dipende da chi questa storia la disse. Questa non e’ una storia, e’ la realta’ e prescinde da chi la dica: il costo di produzione dell’olio che si trova sul mercato, e’ dato. Ed e’ una frazione ridicola del costo a cui puo’ essere prodotto nelle nostre zone. La “gente” non cerca olio spagnolo oppure olio italiano. I consumatori prendono l’olio che trovano e ovviamente cercano di pagarlo il meno possibile. E come dar loro torto? Tanto piu’ che a un euro o poco piu’ e’ possibile produrre olio ottimo, mica soltanto gli oli sofisticati e truffaldini. Ovviamente e’ possibile farlo non certo in Toscana.
    Quindi la conclusione e’ che finche’ si tratta di lavorarci in perdita (e allora non lo chiamerei “lavorare”, ecco perche’ lo chiamo “giardinaggio”) tutto bene. Ma se deve diventare un’attivita’ che si sostiene economicamente, nel senso che puo’ essere la base per far campare qualcuno, allora la vedo buia, parecchio buia. E questo in grandi numeri, o a maggior ragione se i numeri sono piccoli. Conclusione? Facciamo ognun quel che puo’ e che preferisce fare. Ma non stupiamoci, non scandalizziamoci delle olivete che vengono abbandonate. Perche’ non possiamo ragionevolmente chiedere a tutti di sacrificarsi. Perche’ lavorare gratis e’ un sacrificio che non si puo’ pretendere da nessuno. E non e’ colpa della politica.
    Tutto qui.

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  26. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Caro Cintolesi, invece io penso (e forse so, anche se sempre so di non sapere) che ci sia spazio per un olio super, artigianale, che viene solo da piccoli oliveti tenuti da piccoli produttori che ci dan dentro a tener bene le loro piante.
    Hai assaggiato l’olio spagnolo? Ce n’è di buono, ma non è esattamente quello a buon mercato…
    Caro A.P., nessun cumenda degno di questo nomignolo si affannerebbe mai a ‘spiegare’ come si fa l’olio.
    Un cumenda doc lo consuma e basta.
    Personalmente ho nella memoria lo stuolo di medici che a Roma, durante il simposio internazionale di American Heart Association si leccavano le dita (bruschetta invece del solito catering) chiedendo dove acquistare quel bendiddio…

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  27. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    Eppure, io nonostante tutto e il periodo gramo per chi produce alimenti, per questo piccolo prodotto sono fiducioso di fare ancora meglio e bene di adesso e levarmi qualche soddisfazione.
    La storia di ognuno è in ciò che fa e ciò si è insime alle esperienze passate belle o brutte che siano.

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  28. Avatar di mario mario ha detto:

    …certo che se ”quei pochi spiccioli” che danno x ”la valorizzazione dell’olio ”li dessero veramente a chi produce ..e non agli ”enti.. produttori di soli banchetti e volantini usa e getta..”…forse a qualcosina servirebbero..

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  29. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Un vecchio collega di lavoro diceva spesso che per mantenere tutto questo apparato di gente bazzica intorno le cose agricole, le galline dovevano fare due uova al giorno, le viti tre vendemmie l’anno.

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  30. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    IO sono convinta che ci siano persone – neanche tanto ‘ricche’ – che sceglierebbero (già lo fanno) olio di cui si conosca la provenienza, il produttore e il lavoro pulito che viene fatto. Ci sono, ma come sempre è difficile organizzare qualcosa di decente e funzionante, quando si tratta di mettere insieme più di due persone (forse una!); anche perché la lobby dei ‘marchi’ è forte, perché ci vuole energia e dedizione , eccetera.
    Però il mercato c’è. Esattamente come c’è per il vino di grande qualità: una bottiglia sola, invece che chissà quante, sull’onda di un “consumare meno e consumare meglio”.
    Tanta gente ‘si permette’ la bottiglia di olio artigianale, che tiene accanto a quello dozzinale e innominabile; la usa per condirci l’insalata, perché ne ha imparato il sapore e ci ha preso gusto.
    E’ un sapore che la lobby del condimento NON vuole che la gente impari…
    Non ho i numeri esatti, ma il numero di quelli che apprezzano e ricercano l’olio vero è in grandissima crescita, nonostante ci si sia impoveriti.

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  31. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Proviamoci Silvana.

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  32. Avatar di mario mario ha detto:

    ”attenti”…. perchè ”un certo consorzio ” ci ha già provato con una bottiglina da mettere sui tavoli dei ristoratori .. (o sulle tavole familiari ”a festa”)e da portar via dopo averla comprata e/o usata ma non ha avuto il successo desiderato e..”investito”…

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  33. Avatar di filippocintolesi filippocintolesi ha detto:

    Eppure quella bottiglina (il centolio) sarebbe l’unico modo onesto per risolvere il discorso della “carta degli oli”, e anche uno dei pochissimi sistemi per far quadrare il cerchio della sostenibilita’ economica della nostra olivicoltura. Cioe’ far quadrare i conti di chi la deve praticare. Se non ha avuto il successo desiderato e’ perche’ non ci si e’ creduto abbastanza da mettere sotto pressione i ristoratori. Detto da un bischero che nel 2004 fece tutta la bega della DOP per certificare 45 chili d’olio, corrispondenti a 450 centoli che ho continuato a vendere fino all’estate del 2007 (per rispondere anche a Silvana).

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  34. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Parliamone. Uno comincia a fare una piccola cosa…

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  35. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Ero per rispondere con l’affare dei centoli, ma Filippo m’ha anticipato e meglio così che era più dentro di me alla cosa.
    Silvana, non corriamo il rischio di montaggi di testa avendo le gambe ben sode e salde sul da fare pratico e la semplicità delle piccole cose volando basso…

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  36. Avatar di filippocintolesi filippocintolesi ha detto:

    Parliamone? Tu inviti il matto alle sassate, Silvana. Ne parlo subito. Io sono d’accordo con te, sono convinto che esistano persone disposte a pagare un prezzo ora considerato mediamente alto per un olio del quale innanzitutto si sappia l’origine precisa (ossia non limitando il dettagli al territorio, ma spingendosi al livello aziendale, d’appezzamento), e in secondo luogo si conosca o si possa conoscere direttamente il produttore, apprezzarne i metodi e i valori culturali. Ovviamente deve essere un olio tecnicamente eccellente, e uno dei parametri per giudicare l’eccellezza ritengo che debba essere anche la durevolezza: un olio eccellente deve rimanere ottimo dopo piu’ di un anno di vita e piu’ che buono a distanza di due o tre anni. Produrre un olio con queste caratteristiche dalle nostre parti significa farlo pagare una venticinquina di euro al litro come minimo, ovviamente se la cosa deve avere un senso economico. Per poter spuntare prezzi simili la confezione piccola e’ essenziale non soltanto da un punto di vista dell’immagine, ma anche tecnico: un grande olio ha molto da perdere, quindi la confezione deve essere finita nel giro di una settimana.
    Io ritengo che la DOP anche se insufficiente sia necessaria. Innanzitutto perche’ la legge lo richiede: non e’ consentito connotare territorialmente un prodotto agroalimentare secondo modalita’ diverse da quelle previste dal regolamento CE nonricordochenumero, le quali sono (a) prodotto extra UE, (b) prodotto UE, (c) prodotto in Italia (nel caso nostro ovviamente), (d) una delle denominazioni a tutela d’origine (quindi DOP o IGP o SGT). Nel caso in questione la cosa si declina cosi’: per poter vantare origini territoriali piu’ ristrette del “prodotto in Italia”, l’olio deve essere o IGP Toscano (e usare una delle sottozone previste) oppure appartenere a una delle DOP rilevanti (Terre di Siena o Chianti Classico, nei casi d’interesse per i partecipanti a questa discussione).
    In secondo luogo ritengo che l’iscrizione a un albo sia moralmente e politicamente opportuna per un altro motivo: il grande problema che affligge da decenni il comparto oleario italiano e toscano in particolare e’ la possibilita’ che i grandi imbottigliatori hanno sempre avuto di lasciar intendere che le enormi quantita’ di oli insulsi che hanno marchiato con cipressini e compagnia bella, fossero di olio toscano. Questo e’ stato possibile perche’ il quantitativo totale di olio prodotto in Toscana non e’ mai stato quantificato di anno in anno con precisione. Parallelamente non e’ mai stato obbligatorio numerare le confezioni. Se per miracolo domani ci svegliassimo con tutti gli oliveti toscani censiti e iscritti a uno degli albi possibili, automaticamente verrebbe a sparire quella enorme zona grigia di oliveti che ci sono e non ci sono. Segnatamente si verrebbe a stabilire una corrispondenza biunivoca, one to one, fra gli appezzamenti olivicoli e le partite di olio molite. Si saprebbe, almeno virtualmente, quanto olio puo’ provenire dalla tale o tal’altra area. In virtu’ delle caratteristiche particolarmente rigorose degli albi di pertinenza, i quali prevedono un sistema di fascette numerate, si saprebbe anche da quale area proviene la tal bottiglia. Lo spazio per fare giochetti si ridurrebbe drasticamente, per lo meno sarebbe possibile la tracciabilita’ a posteriori e quindi chi frega sarebbe incastrabile.
    Ho detto che e’ a mio parere un sistema necessario ma per niente sufficiente. Intendo dire che il sistema delle denominazioni d’origine geografica puo’ benissimo fare da contenitore per marchi collettivi volti a tutelare aree anche piu’ ristrette. O federazioni di produttori che si riconoscessero in un sistema di regole piu’ ristrette. Nella possibilita’ di creare minidisciplinari aggiuntivi non ci vedrei nessuna contraddizione con il sistema piu’ ampio della DOP (inquadrato in generale a livello di normativa UE e in particolare dallo specifico disciplinare), esattamente come una specifica DOP non contrasta con il sistema generale delle denominazioni geografiche.
    Per adesso, come cibo per pensieri, puo’ bastare.

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  37. Avatar di filippocintolesi filippocintolesi ha detto:

    Permettimi di dissentire, Andrea. Semplicita’ delle cose piccole, va bene (fino a un certo punto: la cultura olearia DEVE fare passi enormi, se vogliamo che questo discorso abbia un senso, e la cosa e’ tutt’altro che “semplice”). Ma, pur senza montarsi la testa, si tratta invece di volare alto. E quanto alto. Rendiamoci conto che stiamo parlando di oli, di distretti olivicoli, di olivete, che hanno una forte probabilita’ di essere fra i migliori del mondo. E, quel che conta, di avere la possibilita’ non remota di essere percepiti come tali. Siamone consapevoli e assumiamoci la responsabilita’ che questo comporta.

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  38. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Dai Filippo, lo sai bene cosa intendo.
    Stare con i piedi per terra volando alto senza avere l’ambizione di fare nuove associazioni o carrozzoni.
    Trovare altri piccoli pazzi e farci l’olio da soli giorno per giorno, farlo capire e conoscere….

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  39. Avatar di Filippo Cintolesi Filippo Cintolesi ha detto:

    Ho capito, Andrea, ho capito. E ribadisco: “farlo capire e conoscere” non e’ per nulla una cosa che si esaurisce nel “giorno per giorno”. Serve sguardo strategico, occorre andare nell'”anno per anno” e anche oltre. Nuove associazioni o consorzi non necessariamente significano “carrozzoni”.

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  40. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Allora vediamoci.
    Sono rimasta folgorata dall’idea di ‘censire’ gli oliveto. Geniale, con un solo pregiudizio. Non è che gli stronzi mangiasoldi, che sono alla ricerca di.. soldi, si mettono a censire gli oliveti (le olivete) e gli facciamo scoprire solo un altro modo per tartassare gli olivicoltori?
    Comunque vediamoci e cominciamo a sgrossare la cosa.

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  41. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Domenica prossima c’è una mezza idea di combinare qualcosa Silvana, il tempo di pensare a mettere insieme l’evento a tavola e se ne riparla

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  42. Avatar di mario mario ha detto:

    ..forse sono ”retorico”…ma a me non risulta che ”chi deve controllare le origini protette” è mai riuscito a controllare e quindi stimare SUL CAMPO l’effettiva produzione di un oliveta..nel senso che il disciplinare impone una resa massima..ma mai quella effettiva..mai verrà qualcuno che ,ad esempio” in annate di scarica”alzi la voce e dica..”tu non puoi aver prodotto più di tanto ques’anno!”questo anche nel vino !una volta ci ‘provai ”a dirlo ..sembrò una ”bestemmia” ogni anno ci sono produzioni quasi uguali sia in quantità e ahimè ..in qualità …cominciamo a controllarci..anche senza bisogno di stuole di enti ,controllori e ..parassiti ..poi il resto verrà (piano piano) da solo !

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  43. Avatar di Filippo Cintolesi Filippo Cintolesi ha detto:

    Mario, il disciplinare della DOP Chianti Classico fissa una resa massima di circa 3 kg di olio a pianta. E’ generosamente al di sopra delle rese effettive, pero’ i giochetti che puoi farci sono relativi. Cominciamo intanto a censire gli oliveti. E a imporre un sistema di fascette numerate. In quel modo sara’ possibile: (a) sapere di una etichetta quanti litri sono stati imbottigliati e (b) sapere da quali appezzamenti proviene quanto olio. Lo sputtanamento potrebbe essere anche ufficioso e a posteriori (es: se da olivete manifestamente abbandonate sotto gli occhi di tutti, dovessero venire quantita’ di olio incompatibili con la ragionevolezza, i consumatori potranno trarre le loro conclusioni).
    Insomma, signori, non prendiamo il fatto che la perfezione non e’ di questo mondo a scusa per non provare a fare neppure il minimo sindacale!

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  44. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Filippo sono molto d’accordo; però non postiamo ‘troppe idee’, che in questi tempi di magra, il settore dei mangiasoldideglialtri sono lì pronti a coglierle tutte e a farle pagare care e salate.

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  45. Avatar di mario mario ha detto:

    ..comunque,Filippo, resta il fatto che,ad esempio l’olio dop chianti è quotato e acquistato (solitamente da un solo grosso imbottigliatore)a 6 euro e mezzo,già certificato,(e passa x essere l’olio più caro d’italia )come fa un produttore a venderglielo a quel prezzo e poi ”al kilo e non al litro”se vuole che gli rimanga qualcosa deve ”tagliarlo com oli ottimi a basso prezzo facilmente reperibile sul mercato..”dalla maremma in giù”..tanto ”passa”..tutto o quasi tutto ..un po’ come nel vino ..come si spiega che c’è il chianti a pochi centesimi”passato” da …assaggiatori che dicono..qualificati..

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  46. Avatar di Filippo Cintolesi Filippo Cintolesi ha detto:

    Mario, l’olio dop chianti classico uno se lo deve imbottigliare da solo. Gia’ si deve lasciare una quota sostanziosa alla fase distributiva, se ci si ferma allo sfuso e si lascia confezionare ad altri credo che la cosa non dia nessuna remunerazione. Comunque io ero partito proprio da qui: visti i prezzi di mercato dell’olio, signori non meravigliamoci se l’olivicoltura in Toscana si avvia all’abbandono.
    Silvana, d’accordo, mi pare che i tempi siano maturi per un incontro.

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  47. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Avevo risposto: è sparito il collegamento. Comunque sì i tempi sono maturi e sono d’accordo che il confezionamento sia cruciale, da molti punti di vista.

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  48. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Tutto alla luce del sole, olivi, il dove sono, il quando, le operazioni fatte e da farci… rompessero meno le palle con la burocrazia… rompessero le palle all’olio a 2,99 a bottiglia rigorosamente e burocraticamente perfetto ma assaggiato stasera e non so bene che sia e dove infilarlo per non danneggiare l’ambiente..però è extravergine italiano nèèèèè

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  49. Avatar di mario mario ha detto:

    …eppure quell’olio se non a 2,99…ma 3,99 è olio ”extra” o meglio ancora ”potrebbe essere ” un ”terre di bari dop”…(nel vino,ad esempio, chianti a 1,60) ..

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  50. Avatar di Silvana Biasutti Silvana Biasutti ha detto:

    Occhio: domenica piove!

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