Anche questa è una storia come tante. Che merita di essere narrata senza appesantirla nelle sfumature dei luoghi e dei nomi.
C’è un nonno piuttosto anziano che potremo chiamare Rino, c’è una sua nipote che adora e che adesso ha venti anni e che potremo chiamare Marina.
Marina ha finito l’università ed inizia a guardarsi intorno, le strade non sono molte e per lei, seria e rigorosa poco propensa a compromessi, le strade diventano strette ed in salita.
L’unica prospettiva alla fine diventa quella di prepararsi una valigia e tentare di realizzare qualcosa lontano dal posto dove è nata e vissuta sempre.
La scelta cade su un paesino dell’appennino toscano,che si chiama Il Cipresso, inizia ad insegnare in una scuola e inizia il suo trasformnarsi da bruco in bozzolo, in farfalla piena di colori.
A casa rimane il nonno, tiene in se sempre il ricordo caro della nipote, arriva ad identificarla in un albero di mandarini piantato quando era nata Marina.
Va a sederci sotto ogni giorno e lo avvolge di affetto e cure, non permette a nessuno di avvicinarsi a quella pianta, non vuole neanche che suo figlio colga un solo frutto, vuole che i mandarini rimangano sempre lì per Marina, per quando ritornerà.
E poi ogni domenica mattina il senso di mancanza della nipote aumenta, si fa opprimente e di nascosto mentre gli altri dormono, va sotto quella pianta ed inizia un pianto liberatorio e dirotto, gli altri si alzano da letto e lui convinto dell’apparenza che nessuno si sia mai accorto della scena, continua nelle sue cose e a tenere d’occhio e curare l’albero di Marina.
Nonno Rino. Un nonno che sento caro, anche se la storia forse è di fantasia.

