







Due piante che diventano una, come due corpi in un abbraccio di nobile sentimento.
Verso la metà del 1800 questo leccio – all’epoca di dimensioni parecchio più contenute – vedeva passare il padrone delle terre e dei destini di tutto quel mondo che all’inizio girava secolarmente intorno Brolio, si proiettava verso Firenze, si innalzava come vite americana sui destini del Granducato di Toscana e esuccessivamente del nuovo Regno d’Italia.
Barone, Gonfaloniere, Primo Ministro, Vignaiolo illuminato, carattere non facile Bettino Ricasoli.
Nella sua vita il Leccione si è risparmiato di essere un suddito vegetale dei Pallosi Medici (da stemma nobiliare con sei palle) muovendo i primi rami con l’illuminato periodo dei Lorena, imponendosi con i Savoiardi (quei biscotti duri e buoni a poco provenienti dal Piemonte e di solito dediti alla fuga) ha visto il bivacco sotto la sua fluente chioma (collerico per dar loro ombra) di barbari con la divisa grigia e le saette come mostrine, l’aria fresca e pulita di una Repubblica senza sudditi.
Le testimonianze sono discordanti, ma convergono sul fatto che il Leccione circa mezzo secolo fa ebbe una gran quantù di altezza e rami gettati a terra, un fulmine, un colpo furioso di vento.
A guardarlo bene da ogni lato, pare un immenso fungo porcino con le ghiande, rispettato e amato, tanto che sotto le frasche rimane sospesa la tenerezza di un bacio, ma mai nessun rifiuto a terra.