Garibaldi fu ferito e poi curato alle Terme di Rapolano

Non è un caso che davanti allo stabilimento termale dell’Antica Qurciolaia vi sia una statua con il Generale seduto e appoggiato a un bastone.
E’ più facile decifrare un manoscritto egizio che la targa marmorea incupita dal tempo sulla parete di fronte alla statua, ma in questo aiutano i piccoli e agili pannelli che il comune di Rapolano ha piantato il tutto il territorio di fronte a edifici importanti o in luoghi di una certa importanza storica.
E’ proprio il 29 agosto (1862) che dopo aver radunato una grossa truppa di volontari in Sicilia e dopo essere sbarcato e preso a cannonate dalla flotta savoiarda nei pressi di Reggio, che i garibaldini sono costretti a ripiegare verso l’Aspromonte dove l’esercito savoiardo apre un fuoco fraticida verso quei combattenti in camicia rossa che avevano liberato la Sicilia dai Borbone e erano pronti a risalire la Penisola per porre finalmente fine al regno del Papa e liberare Roma dall’influenza serpigna delle tonache di ogni foggia e colore.
Ma per non irritare il temibile alleato francese nei panni di Napoleone III, il re Vittorio Emanuele II e il suo Primo Ministro Urbano Rattazzi non esitarono a ordinare all’esercito di fermare Garibaldi e se nel caso arrestarlo.
Nello scontro fraticida il Generale venne ferito di striscio a una coscia e più gravemente a un piede, con una ferita che mise a consulto le migliori menti mediche del tempo, ma che gli diede fastidiose fitte e complicazioni.

Ben cinque annni dopo – nell’agosto 1867 – Garibaldi giunse in treno a Rapolano e ospite del conte Pietro Buoninsegni nella villa di Poggio Santa Cecilia iniziò la cura delle acque per la sua ferita allo stabilimento dell’Antica Querciolaia.
Narrano le cronache che la gamba riprese l’antica elasticità e il Generale donò le stampelle al Comune di Rapolano in segno di gratitudine e di effettivo benessere riacquisito.

Giuseppe Garibaldi guarì, ma poi l’Italia andò come andò, sotto una monarchia provinciale che non aveva il grande respiro delle monarchie europee e che non aveva timore a prendere a fucilate eroi, generalli libertari e popolazione civile, conferendo agli autori il massimo delle onorificenze.
A settembre, a poca distanza da Rapolano – nel centro di Sinalunga – il Generale venne nuovamente arrestato su ordine di Vittorio Emanuele II prima che muovesse con i suoi volontari alla volta di Roma.

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