



























Un signore che guida una carretta piena di legna solitario nella piazza aggredita da un vento diaccio e aretino, si ferma volentieri a scambiare due parole e spiega che il paese non è molto abitato – ma ogni casa è rimessa – e quando ci sono da portare i crocioni dentro la chiesa in giro per il paese, tanti sparsi per il mondo rientrano per fare quella fatica immane di quintali di legno a tracolla.
Fuori dalle mura, davanti al museo del tulle – in un edificio che era di certo chiesa – c’è una bella aiola di erbaccia sconsacrata che sarà rimessa a verso non appena si rialzano i bandoni del museo e di un certo piccolo edificio in fondo al paese che racchiude le opere del Perugino e di un certo Raffaello.
I ponti alla porta di ingresso per il consolidamento delle mura e una continua scoperta di palazzi belli, il solitario e svettante Palazzo Pretorio, i vicolini, gli orci e i vasi pieni di fiori, un teatro ben attivo, una Pinacoteca nel Palazzo Comunale… le macchine posteggiate come si deve.
Di singolare Panicale ha il fatto che la parte più antica non è stata affogata – come avviene sempre – dal moderno del non stile dell’edilizia creata intorno.
Sovrasta una piana a lungo andare di campi coltivati e di strane creature edilizie, mentre sullo sfondo compare il cratere pieno d’acqua del Trasimeno.
Visto dall’alto – il paese – ha la forma di una chitarra.