Medaglia civica riconoscenza a Emilio Frati

emilio frati foto andrea pagliantini

Emilio Frati nasce a Siena nel 1934, in una nidiata di sette, fra fratelli e sorelle, in un momento storico in cui, dai fasti dell’Impero alla polvere delle macerie, il periodo fu immensamente breve.

A costo di grandi sacrifici – dopo la guerra – va a Carrara per quasi sei anni, studiando alla locale Accademia, dove apprende i segreti del marmo. Tempi duri.

Su un giornale nota un bando dell’Opificio delle Pietre Dure alla ricerca di esperti e di restauratori del marmo. Emilio non ne è tanto convinto, un amico provvede a compilare il modulo d’iscrizione per lui e si ritrova a Firenze, a svolgere un concorso di tre giorni, per un totale di tre posti, da scegliersi fra i quasi cento candidati al ruolo, con l’incisione del marmo e la prova orale a piacere sul suo scultore mito: Donatello, che fra l’altro ha lavorato anche a Siena.
Vince il concorso e svolge ogni giorno il pendolare in pulman fra Siena e Firenze, va in pensione, alla Soprintendenza di Siena, Enzo Carli, che passa a dirigere l’Opera del Duomo e si impunta a volere l’esperto Emilio per il restauro delle tarsie del Duomo e per tutto quello che riguarda la maestosa architettura marmorea.
Il Carli si reca persino al ministero di Roma, per strappare Emilio Frati all’Opificio e ci riesce in una formula che è quasi un prestito: di quando in quando Emilio, dovrà stare qualche giorno a Firenze per dare un occhio quel che si compie.

Viene anche chiamato dai Musei Vaticani e la sua vita si divide fra Siena e Roma, due città accomunate da una Lupa, guarda caso, la Contrada che Emilio si porta nel cuore.
La vita comporta alcune ferite come la perdita della moglie in età recente, e altre, profonde in giovinezza. Ferite intime, insanabili, private, ma che vengono curate con una mole di amore per l’arte, la scultura, il marmo, il restauro, che non hanno uguali.
La sua città lo premia con la Medaglia di civico riconoscimento; maestro senese del marmo che ha fatto rinascere il Duomo.

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