Chianti non leccato e pettinato

Queste immagini a corredo del post faranno inorridire schiere di geometri, architetti, immobiliaristi e antanisti di ogni foggia perchè mettono in mostra una bellezza schietta e semplice in cui non hanno potuto mettere mano per “valorizzarla” e renderla luccicante.
Qui si vede l’effetto del tempo che non passa, del Chianti (e della Toscana intera) come era che struggeva il cuore a quanti passavano e rimanevano rapiti dal fascino di strutture incastrate ad arte nel paesaggio le conteneva.
Qui preservano le pergole d’uva (e non di glicine) sull’entrata di casa e sul terrazzino, i conchini di fiori sbertucciati dalle stagioni, gli usci di legno colorato dal tempo e dalla vernice dei carri stinta.

Da notare, per chi non ci ha mai fatto caso, l’effetto bagnato sui sassi e sulla calce, che con il cielo gonfio di grigio, mette in risalto le vene delle case.

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0 Responses to Chianti non leccato e pettinato

  1. Avatar di silvana biasutti silvana biasutti ha detto:

    Finalmente un tosco che mette il dito su uno dei connotati che hanno attratto quelli del nord (e non dimenticate quelli del sud) e tutti i forestieri che qui sono arrivati, affascinati dalla semplicità e dalla schiettezza (anche ruvida), dall’idea del “ritorno” a una vita meno arzigogolata, più legata a valori e sentimenti quasi scomparsi, ora anche in Toscana.
    Erano tempi in cui la benzina costava infinitamente meno, il cibo era più semplice, i prezzi normali, il traffico agevole, tutti o quasi lavoravano.
    Noi milanesi facevamo mille chilometri (1000!!!) per passare due giorni qui, tra queste colline, tra e con i loro abitanti curiosi di noi e noi curiosi di loro, a scambiarci notizie e culture.
    Ora il traffico è impossibile, la benzina alle stelle, la disoccupazione in agguato, i prezzi folli, la curiosità si è ristretta al portafogli, l’ospitalità è divenuta formale e senza calore.
    Il paesaggio si è corrotto, con migliaia di casette a schiera, di villette pretenziose, di capannoncini condonati, di orride centrali a biogas.
    La Toscana deve ritrovare il cuore e il buon gusto della semplicità; ripensarsi in un clima epocale che si è capovolto. Molti l’hanno guardata, evitando gli errori e gli orrori: c’è concorrenza, ora, ci sono posti i cui amministratori hanno avuto più cura del territorio e meno sogni di grandezza, con alberghi e ristoranti e trattorie che costano meno (in luoghi belli: l’Italia è tutta bella).
    Recuperare non sarà facile: cominciamo a non imitare i film tv quando restauriamo.
    Soprattutto, cominciamo a restaurare, anziché ristrutturare; recuperiamo paesaggio.
    I soldi saranno meno, ma le gente tornerà ad amare la Toscana, come una volta.

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  2. Avatar di filippo filippo ha detto:

    Ma la Toscana, Silvana, non merita che la gente l’ami. E, se posso aggiungere, non le fa nemmeno tanto bene essere amata. E’ una posizione che non le si addice. Gli ultimi trent’anni stanno a dimostrarlo. La Toscana e’ stata rovinata dai troppi set cinematografici, dai troppi film e reclames che ci sono stati girati. Dal troppo autocompiacimento. La Toscana si e’ troppo compiaciuta di se stessa. Perche’ e’ stata troppo lusingata, e lo e’ stata in un pericoloso momento di strappo con le proprie radici vere, in una cesura della cultura popolare.
    Invece e’ bene essere un po’ piu’ brutti sporchi e cattivi. Stare sul culo. Ed esserci mandati.

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  3. Avatar di Lupaprima Lupaprima ha detto:

    Scusate, entro in punta di piedi in questo blog, è la prima volta che ci scrivo, ma molti mesi che lo seguo. Intanto bisogna scindere la Toscana e il Chianti. Siccome ho vissuto alcuni anni a Milano, loro associano tutto alla Toscana, ma noi che ci siamo nati e ci viviamo sappiamo che in “Toscana”ci sono molti territori, molto, ma molto diversi tra di loro. Per me il Chianti è uno dei più “veri” e noi lo conosciamo bene. Il problema è che questo territorio (il solo Chianti) era fino agli anni 70 popolato dai nostri amati agricoltori che facevano molto folclore, ma che non stavano molto bene. Allora lasciarono le campagne e andarono in città (vedi Siena). Le piccole frazioni, i poderi, le case coloniche (le cascine come dicono a Milano) presto divennero abbandonate e tutto anadava perso. Poi dagli anni 80/90 cominciarono a comprare questi “ruderi”, società straniere, o italiane non del territorio, per recuperare quanto anadava perso. Questa la storia. Anche io sarei per le imprese locali o per i “nativi” ma se non c’erano queste signori da “fuori” ora tante piccoel frazioni (vi potrei fare 100 esempi solo in provincia di Siena) sarebbero andate perdute? Meglio ora un agriturismo o un relais a 4 stelle o dei ruderi abbandonati?….

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  4. Avatar di silvana biasutti silvana biasutti ha detto:

    Forse ha ragione Filippo. Io però penso che correre meno dietro ai soldi e ‘frenare’ un po’ il cemento, da un canto; dall’altro, un po’ più di fedeltà ai vecchi principi e meno corruzione, avrebbero prodotto un cambiamento più … toscano.
    @Lupaprima; la casa rurale ha nomi diversi, in ogni regione; in alcune più d’uno. Per sapere di più sulle diverse toscane, leggere “La Casa rurale nella Toscana” di Renato Biasutti. Un libro che avrebbero dovuto consultare tutti quelli che hanno messo le mani su un podere . Io comunque tengo sempre a portata di mano “Maledetti Toscani”, inoltre leggo Dante. Facessero tutte le porcate del mondo i toscani e la loro terra, ci hanno donato Dante: come dire, il massimo (e non è d’alema!). E questo non ce lo compra nessuna banca, nessuno sceicco, nessun pistolero e manco la mafia ce lo può togliere!

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  5. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    @ Lupaprima

    lo svuotamento massiccio delle campagne avvenne negli anni ’60 quando il posto in fabbrica e la tavola con le seggiole di formica parevano una liberazione dalle ristrettezze e dalle scomodità della campagna.
    Alla fine degli anni ’60 già diversi di quei casali abitati e vissuti da generazioni di famiglie di contadini erano stati presi a due lire da chi rimaneva folgorato dalla bellezza ruvida e semplice dei luoghi.
    Quei restauri non furono invasivi, si limitarono a portare luce, acqua, rimettere in sesto tetti, finestri sotto le quali non ci passasse una mano e il vento.
    L’ondata degli anni ’80 fu una prima sbornia, ma niente in confronto a quanto visto nel quindicennio che va dal novanta a mezza decade degli anni duemila.
    Io non parlo di restauri in questi anni, ma parlo di pirati che sono piovuti nel pieno della sbornia marmellatosa e legnosa del vino che si vendeva a cifre folli.
    Casali, stalle, fienili ecc. hanno perso la consistenza (e spesso anche la bellezza) di ciò che erano, violentati nella forma, nelle dimensioni, ridotte a spettri di quella che era la loro funzione e bellezza semplice.
    SOno arrivati pirati che dall’oggi al domani hanno sconvolto vigne infilandoci viti assurde, hanno reso pacchiane case bellissime, questo, sia chiaro, con la complicità di una banda locale composta da assatanati di soldi senza scrupoli.
    Che ora si debba ringraziare questa orda di persone per aver “valorizzato” il Chianti, mi pare esagerato e fuori luogo, semmai hanno contribuito a modificare l’assetto delle persone e farne delle macchinette cerca soldi scavallando amore per il luogo e sentimenti umani.
    Tutti i muri, i cancelli, le barriere, i bunker realizzati, le illuminazioni a giorno notturne, sono li a dimostrazione che chi è venuto ha paura dell’esterno.
    Sono qui per macinare soldi, farli annusare, prometterli, darne a piccole dosi al popolino che sbava e svende se stesso e il luogo dove vive.
    Poi vanno via e parecchi hanno solo annusato: bischeri due volte.
    E riparte il giochino con il nuovo riccastro di turno. Davvero bello il Chianti……..

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  6. Avatar di Rossano Rossano ha detto:

    Davvero una bella analisi Andrea…

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