Nel blog La ventana de la prima di qualche giorno fa, veniva segnalato uno spettacolo che l’immaginazione difficilmente riuscerebbe a concepire all’interno di un contesto storico, artistico e di eccellenze agricole qual’è quello del Chianti.
Un territorio che mette in mostra e vende (a caro prezzo) al turista ciò che l’armonia edilizia e agricola nel corso dei secoli ha lentamente cesellato in un contesto di castelli, olivete, boschi, vigne ben conosciuto e apprezzato, tanto da smuovere persone da ogni angolo del mondo per ammirare le bellezze e gustare le specialità chiantigiane.
Ed è in questo contesto di bellezza che si ergono strutture assemblate con rivestimenti di lamiera e cofani, vasche da bagno e plastica varia, che formano degli “atolli” non belli a vedersi in un paesaggio venduto al turista di passaggio a caro prezzo.
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie ma bordello!
Dante
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E’ impressionante di quante ce ne siano sulla sp408.. Appena fuori l’abitato di Gaiole..
Ma la cosa più impressionante è vedere quante di queste “villette” siano in muratura, miseramente coperte con bandoni di lamiera ondulata o fatti coprire dalla vegetazione.
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Invece qui hanno costruito un castello, fintovero, in puro cemento rivestito in pietra, con una fintavera chiesa con campanile a vela, con i verifinti merli ditro cui il turista potrà appostarsi e tirare una colubrinata agli autoctoni. Il castello è più grande del villaggio, ha una piscina nel bel mezzo e ospiterà (?) gli inquilini di 50 appartamenti (!). Saranno persone sufficientemente incolte da desiderare di stare in un luogo finto, però comodo, in cui far finta di essere in Toscana. A vederlo, a parte l’ingombro considerevole, non è nemmeno brutto, è solo osceno: perché imita l’architettura rurale Toscana, mettendo insieme gli elementi che più gli risultano ‘tipici’. Nell’imitarla però la travisa e cioè offre una Toscana rimasticata (in questo caso da un altoatesino), che stando nel (ex)paesaggio toscano percettibilmente lo cambia, ad uso del turismo più ignorante.
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Ce ne sono di ogni tipo e materiale di queste costruzioni che svariano dal bandone rugginoso per arrivare al laterizio, ma il tema è elettoralmente esplosivo e forse è meglio far finta di niente fermo restando che basterebbe dare una regola sola a chi ha un orto e intende farsi un capannino: decoro, pulizia, decenza.
Ben altra cosa sono tutte quelle strutture innalzate di frodo in pietra e cemento negli anni del boom a cui non fu posto nè un freno nè un punto fermo di legalità.
Mi zitto.
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Epistula non erubescit.
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Più ordine e pulizia non farebbero male….. fatto bene a parlarne.
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Mi pare doveroso fare un distinguo, infatti: fra le capanne di bandone e cara grazia fosse bandone e basta (appunto, avanzi di cofano, tabelloni di gelateria, ecc..) che fanno l’arredo di orti familiari, dei quali si puo’ dire che sono brutte a vedersi, che fanno trasando, eccetera; e i manufatti di laterizio, veri e propri abusi, soprattutto quando sono mascherati da capanni del primo tipo (segno evidente di mala fede). Cioe’ la cosa segnalata da Pando. Ai primi (a capanni-pollaio) si puo’ dare un consiglio (magari anche piu’ che un consiglio, ma non è mio compito provvedere; oppure li si puo’ prendere per il culo, come mi pare sia lo spirito di questo post e della ventana, salve code di paglia) di mettere un po’ ordine e decoro. Ai secondi (alle opere edilizie travestite da capannino) si puo’ solo dare una bella bennata e giu’ l’abuso.
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Ben detto!!! Non va mescolato e messo sullo stesso piano il povero diavolo che ha un orticello coltivato con tanto affetto e passione con il grande palazzinaro.
Che sarà mai rimettere un pochino in ordine, tenere consono e decente a specchio di un luogo tanto bello che genti da ogni dove vengono a visitare o ci passano in sella a biciclette eroiche?
Non confondiamo la scopa (granata) con i grandi mandarini: son due cose diverse.
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Non mi sono spiegato bene. Non soltanto cerchiamo di non confondere il passionista poco attento all’estetica con il “grande” palazzinaro. Quel che voglio sostenere e’ che il passionista cialtrone non vada confuso neppure col piccolo, magari piccolissimo, furbastro. Col piccolo paraculo di provincia o di paese che con la scusa del capanno, prende cazzuola e alza muri. Quello, per intendersi, che tanto in buona fede non e’ e al quale non pare il vero di approfittare dell’occasione, del tanto lo fanno tutti, della posizione defilata in mezzo alle macchie o in fondo alla forra, per cominciare a mettere le basi di un fabbricato, tanto hai visto mai? ogni tanto c’e’ un condono, e cosi’ via. Questo (e ce ne sono legioni di persone cosi’) NON e’ un grande palazzinaro. E tuttavia secondo me non merita una gran simpatia e solidarieta’. Il passionista che si coltiva l’orto e che ha l’unico difetto di essere un po’ cialtrone e di fare intorno a se’ uno spicinio di rottami, invece si’. Sempre a mio parere, che tanto se dio vole non conta una pippa.
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Non per essere pedante, ma di gradazioni nella scala ce ne sono infinite. Non c’entra piu’ niente con la storia oggetto del post, ma mi tornano in mente cose pur sempre attuali: su quella scala sempre molto prima di arrivare al palazzinaro professionista, ma molto piu’ su dell’appassionato ma antiestetico pollicultore, ci sono i (sempre piccoli, eh. piccolissimi, anzi, microscopici) furbissimi “agricoltori” che con la scusa dell'”annesso” si costruiscono villetta (magari pure estetica. abusiva, si’, ma quanto e’ carina…). Annesso che dovrebbe essere a servizio di un’attivita’ agricola, o di allevamento o di silvicoltura, altrimenti che annesso (agricolo) e’?
Alle volte pero’ anche un semplice paio d’ettari di bosco di roverella degradata possono partorire fior di attivita’ di impresa agricola che reclama relativo annesso, eh. Anche di questi temo che non ce ne siano pochi. Anche a questi tutta la mia antipatia
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Verba volant, scripta manent
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