Dopo l’incendio, la pioggia alluvionale del giorno dopo ha lavato la cenere e restano le statue immobili delle piante di fusto che la violenza del fronte del fuoco ha carbonizzato derubandole di foglie, linfa e vita.
Scheletri contorti, cadaveri delle piante che erano.
In mezzo a tutto questo c’era la postazione creata da un anonimo paesaggista che aveva portato su un promontorio nascosto una vecchia sedia da bar di quelle con il sedile e le spalliere di in filo di plastica, dal quale vedeva e gustava l’ampio e scenico panorama circostante.
Di questa seggiola è rimasto l’involucro metallico con il fuoco che ha divelto il ripostiglio e gli scorci in cui era stata inserita.
Rimane simbolo di un gesto idiota e insensato con fiamme dolose che solo una serie di casi fortuiti ha impedito si portassero via case, animali, persone.
Ora manca solo la nebbia per ricreare lo spettrale scenario dello spoglio ciottolaio di sassi nella terra di nessuno dentro “Uomini contro” il meraviglioso film di Francesco Rosi premiato in questi giorni con il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia.
All’autore del rogo va l’Oscar per gli effetti speciali.
Come avere fiducia in un ‘genere’ che fa di queste cose?!
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Pagliantini mi viene da piangere per lo sfregio perpetuato al piccolo mondo Vertine e so perfettamente come ti senti in questo momento……….. ti abbraccio.
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Quanta vigna è andata distrutta? Di chi eè?
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Di estensione la vigna non è molta Bante, ma racchiudeva patrimonio di viti che venivano da lontano e vino di una bella finezza.
Si tratta di vigna del Podere Erbolo, l’etichetta è il Salvino.
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Che dolore Andrea quando la natura viene stuprata così, e così insensatamente. Quando poi si tratta di vigne muoiono anche le storie che si portavano con se.
Faccio il link a questo tuo pezzo su “vie della Toscana”, se non hai niente in contrario.
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Fallo tranquillamente Gianni.
E’ bene si veda lo sfregio che ha ricevuto Vertine.
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Testimonio, per quanto possa contare, che la vigna era un patrimonio che valeva più di mille trattati, per la sua antica sapienza di racchiudere e unire viti e dare un vino che non è scritto nei disciplinari, ma in quello che più conta: la memoria.
E mi atterrisce il dover usare l’imperfetto.
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Questa perdita di identità e di sapori legata ad una vigna antica è il boccone più amaro da ingoiare…. il danno collaterale alla merdata dell’incendio.
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…Siete certi che sia già “persa”, questa vigna antica?….Non abbiate fretta di condannarla…Come anche gli ulivi…Il fuoco distruttivo è passato tanto feroce quanto svelto,…e forse , se non ha rovinato le radici, qualcosa si è salvato e può rigermogliare , con questa pioggerella “santa.”..anche se è difficile crederlo…Date tempo alla Natura…Un saluto ,anche a chi a rischiato la vita lavorando all’incendio,e per la comunità…Elisabetta
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Non è così semplice Elisabetta.
Se le viti riscoppiano da sotto il punto di innesto sono perse per sempre, sotto questo punto c’è il piede di vite americana che non è produttivo.
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Grazie, per la precisazione, Andrea. Non avevo pensato all’innesto. Spero ,comunque che non tutto sia perso…anche se,dalle tue foto, è difficile crederlo…
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I primi due filari ci ho visto il fuoco arrivare e arrampicarsi lungo le viti, il resto si è marronato per il calore.
Può darsi non tutto sia perduto e occorre aspettare per vedere se qualcosa si può salvare o meno di quelle viti.
Il magone e la tristezza sono ampi e non lo nascondo…… uno sfregio del genere Vertine tutto non lo meritava.
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