Inteso da più parti come “il parente povero del vino”, non si potrebbe assolutamente parlare di paesaggio toscano e nel caso chiantigiano se non vi fosse traccia alcuna delle stupende e generose piante di olivo.
Allo stato attuale, la situazione delle olive non gode di ottima salute, ma lo stesso si può dire dell’uva, limitando questo ad un esame dettagliatamente dei prodotti fisici della terra, senza scendere in virtuose analisi economiche generali del settore, che aldilà di tante pacate rassicurazioni di qualità e solito “aumento generale delle vendite” di chi è tenuto a farle, la realtà è come mantenere il sorriso camminando a piedi nudi sui cocci di vetro.
C’è sete e le piante risentono della mancanza di pioggie pur traendo un effimero giovamento dalla diminuzione delle temperature e da un paio di scrosci brevi di acqua avvenuti nei giorni scorsi.
Le piante hanno ripreso colore e disincartocciato le foglie, ma le olive sono fermamente grinzose e asciutte pur rallentando il fenomeno di seccare in pianta.
Non occorre essere profeti per dire che se a breve la sete non viene placata, la raccolta, la quantità, sarà pessima, su piante che nel terreno aspro del Chianti danno di media quando va bene sui 10 kg l’una, che tradotto in olio vuol dire 1,5 litri.
Di qualità eccelsa, ma non vendibile sui banchi dei negozi a 2,90 € a litro.
Vorrei fosse chiaro che c’è olio e olio.
Le foto non illumineranno bene la situazione, ma con quel rintronato gatto fra i piedi e sulle gambe, di meglio non è venuto.
è inutile dire che sei un mago della fotografia e del verbo!!!
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E te sei una maga del sodo marmo, ma te lo spiego in privato 🙂
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Sara’ tutt’altro che eccelsa anche la qualita’ con olive risecchite come queste.
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