Comincia la raccolta 2008, dopo che nei giorni scorsi tanta pioggia aveva impedito di iniziare.
Si, ci siamo ed è una liberazione di pensieri, di gioie e culmine di fatiche accumulate.
Ricordo come erano queste olivete prima che ci mettessi mano (qui un rinfreschino della memoria) e adesso non pare vero raccogliere i frutti di un’annata meno storta ma comunque non facile, parlando di chi fà e scrive.
Inizio dall’oliveta della Cappella, quella che era più disastrata dove ci sono meno olive ma sono più mature.
In 170 olivi, non ce ne saranno più di 2 quintali. E’ niente, lo so, ma fino ad aprile queste piante parevano bosco e già era preventivata una raccolta magra, dato che dopo una potatura energica dovevano rifare legno e riempirsi di gronde a frutto, mentre il prossimo anno sarà in piena efficienza qualitativa e quantitativa.
Poi a seguire il Campino del Paiolo, (e qui c’è da riempirsi ), poi a Vertine, nell’oliveta appoggiata davanti alla torre e alla chiesa, e anche qui ce ne saranno molte.
Della qualità dell’olio che verrà c’è poco da discutere, affido olive sanissime e mature al punto giusto nella mani e tecnologie del frantoio di Vertine, (nato nel 2000) e il loro lavoro, la sassosità arida del terreno (un pochino della mia indomita testardaggine nel fare e sentirci volti e affetti) daranno un signor extra vergine di oliva, non basta dire toscano, ma di Vertine, angolo di mondo divino in cui metto la faccia in quello che faccio e che vivo.



Ah sassosita’ arida del terreno, se non basta dire toscano, mi sa che sara’ difficile comunicare al mondo qualcosa di piu’ ristretto, lascia stare di vertinese, se non passi attraverso uno degli odiati carrozzoni… ebbene si’, la famigerata dopchianticlassico.
Mettiamoci pure la faccia, e la tua che io conosco ok la credo pure. Ma quante facce messe ci sono in giro, e non si sa “se d’uomo oppure di vacca” (cacca)? Non ci si puo’ fidare ragionevolmente solo delle facce messe. Ci vuole un sistema di certificazione, ci vuole.
Iscriviamo gli oliveti al migliore degli albi che abbiamo a disposizione, i quali albi, bene ricordarlo, a differenza di quelli vinicoli sono APERTI.
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Lo sai come la penso in proposito.
O tutti, dico tutti, anche chi ha venti piante le iscrive obbligatoriamente e gratuitamente ad una DOP per monitorare le quantità delle piante e dell’olio o è solo un inutile carrozzone.
Non mi sta bene per il momento aggiungere spese su una bottiglia e riversarla al consumatore solo per mettere una fascettina mentre ci sono entità che abbandonano gli olivi e commercializzano lo stesso l’olio, e non voglio dire altro.
Finchè non cominciano a monitorare seriamente le quantità e come tengono gli olivi in genere molte entità, credo proprio che io e la dop non ci incroceremo.
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Da consumatore mediamente attento alla qualità, mi chiedo come avvicinarmi e come distinguere un prodotto che sia davvero di qualità..come fare? quali indicazioni seguire? come?
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Non sarebbe male conoscere la zona di produzione e chi lo fa, ma questo non sempre è possibile, e allora consiglio di leggere bene l’etichetta, non farsi mai ingannare dal colore brillante o verde intenso che ai fini della qualità non conta niente ma è solo indice della presenza di clorofilla dell’oliva.
Fondamentale l’assaggio, percepirci l’odore dell’oliva e ricordarsi che se è olio di qualità, ne basta poco per insaporire un piatto.
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Scusami se insisto Andrea..cosa troveresti di “sospetto” in una etichetta che ti farebbe desistere da un acquisto?
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Un etichetta piena di cipressini e di colori pastello che fa pensare inconsciamente alla Toscana, potrebbe essere un buon esempio.
L’imbottigliatore dal nome suadente e pieno di srl, scrl ecc. di dietro.
Il prezzo, non mi si venga a dire di un olio toscano pagato 5/8 € a bottiglia da litro
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Si’, lo so come la pensi sulla questione della DOP. E tu sai come la penso io, e penso che sbagli, e di grosso. Per la cronaca, e’ GIA’ obbligatorio iscrivere gli oliveti a una DOP. Ovviamente cio’ significa che e’ obbligatorio farlo SE si intende comunicare il prodotto NON limitandosi alla dizione “Prodotto italiano”, come immagino molti non vogliano limitarsi a fare.
Sono d’accordo che il sistema delle certificazioni e’ ben lontano dall’essere perfetto. Ma l’alternativa e’ migliorarlo, non affossarlo.
Se posso permettermi un consiglio anch’io a Babeuf: la qualita’ in assoluto non esiste, quindi anche il rapporto qualita’/prezzo va considerato come una cosa relativa: relativa alle proprie percezioni e capacita’ di valutare quello che si degusta. L’olio migliore e’ quello che ci piace di piu’, banale ma vero. Assaggia, quindi, e scegli quello che ti soddisfa di piu’. Chi prende l’olio del supermercato a 3 euro il litro, se pienamente soddisfatto di quello che acquista, non sbaglia di molto.
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Al momento il discorso Dop continuo a vederlo come un carrozzone le cui spese vanno a ricadere sul prodotto finale.
Ripeto, o tutti si deve per forza essere iscritti ad una dop e allora si informa la gente dell’obbligatorietà (e gratuitamente) o allora è meglio lasciar perdere, perchè allo stato attuale resta solo pura burocrazia.
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Ci siamo gia’ detti a voce, giusto poco fa, quello che c’e’ da dire sull’argomento, quindi non mi pare il caso di ingolfare il tuo blog con ripetizioni (come quella a proposito dell’obbligatorieta’, che e’ gia’ esistente anche se tanto chissene frega perche’ in campo oleario tutti fanno come gli pare).
Dico solo che dispiace molto sentir parlare cosi’ (direi opportunistico) su questo argomento una persona che parla in modo radicalmente diverso, per non dire opposto, su altri.
Ci sarebbero anche altre argomentazioni in questo che e’ un discorso articolatissimo, ma le sviluppero’ sul mio blogghe quando trovero’ il tempo di aggiornarlo.
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