“Faccio il vino che piace alla stampa e vince i premi”

sangiovese.jpg

Lo afferma Ezio Rivella, durante l’incontro tanto atteso sull’identità e sulle grane recenti del Brunello di Montalcino, promosso da Vinarius e svoltosi oggi nella sede dell’ateneo senese.

A difendere il Brunello e la sua integrità nell’osservazione di disciplinare e integrità morale il noto giornalista Franco Ziliani, che con il suo blog Vino al Vino, ha prima scoperchiato, poi informato sui risvolti e su alcune pratiche enologiche (che la magistratura di Siena sta appurando), coadiuvato nella discussione dall’apporto di un noto e prestigioso produttore di Barolo, Teobaldo Cappellano.

A illustrare la posizione di quanti adesso vogliono un cambiamento del disciplinare di produzione, il già citato Ezio Rivella, coadiuvato da Vittorio Fiore.

Il dibattito, è stato mederato da Armando Cutolo, antropologo dell’Università di Siena.

Confronto interessante ma fra posizioni lontane e inconciliabili fra loro, al punto che Rivella, nella sua esposizione ha parlato di arrivare a realizzare un disciplinare di produzione”elastico” in cui si rimanga la predominante sangiovese, ma per un 85% per lasciare poi i produttori libertà di scelta nel restante 15 % sulle uve da  utilizzare.

Ha anche detto però che lui, calato a Montalcino nella fine degli anni ’70, non ha mai creduto nelle potenzialità del vitigno sangiovese.

Ha riversato su Ziliani il clamore suscitato dalle inchieste (dichiarandole tragedie) sul Brunello dei mesi scorsi ed è ricorso al vecchio detto che “tengo famiglia” almeno nella versione in cui ci vivono centinaia di famiglie legate alla produzione del vino e queste inchieste mettono a rischio il loro benessere.

E non ha girato intorno all’argomento sul tavolo più importante, cioè che il vino così come lo si conosce e che ha fatto la fortuna di Montalcino non sarà il massimo di sangiovese, ma almeno viene venduto.

“E ci sono tanti brunellini a sangiovese che è meglio rispetto a loro un vino australiano a 5€”.

Franco Ziliani, non ha mancato di far notare che siccome c’è un disciplinare che è la legge per chi produce, non può essere considerato un  foglio di carta e ha ricordato che nelle varie degustazioni degli anni passati era impossibile non notare che in molti vini c’era qualcosa che non andava per certi profumi e per certi colori e chi nel settore qualcosa che non andava doveva per forza sentirlo.

Non mi metto a fare un riassunto della discussione completo, chi vuole vederlo e sentirlo, può farlo sul sito di Vinarius o di Intoscana.it che sembra terranno visibile il dibattito per chi lo vuole vedere o rivedere.

La domanda vera, a questo punto è come uscire da questa situazione, stravolgere il disciplinare aprendolo di fatto all’inserimento di uve “migliorative” quali il cabernet o il merlot in quantità del 15% o continuare con il precedente disciplinare?

Di fatto è chiaro che c’è stata una inosservanza delle regole e non si può far finta di niente perchè così fan tutti, e la magistratura di Siena che conduce l’inchiesta provvederà a far chiarezza su questa poco esaltante situazione.

Cambiare le regole adesso è una sconfitta perchè dettata dalla fretta e dal clamore, pur di regolarizzare una situazione che di fatto pare esista, mi pare una mancanza di serietà, specie nei confronti di quei produttori che hanno lavorato tanto in vigna e poco in cantina per portare nelle migliori condizioni un vitigno difficile come il sangiovese.

Di certo, l’aver piantato ovunque e in zone non vocate a questo vitigno vuol dire essersi dati la zappa sui piedi o aver messo vitigni che meglio si applicano nei fondovalle o in terreni meno adatti alla vite.

Il giocattolo Brunello ha funzionato e trainato soldi, c’è poco da fare e questo ha fatto si che gli ettari vitati passassero da poche centinaia di ettari alle migliaia di oggi.

Mettendo da parte considerazioni tecniche o di marketing e commercio, ma una sana onestà ed etica nelle cose che si fanno, nel rispetto delle leggi che ci sono, non la si vuole ricercare o si celebra tutto per monetizzare il più possibile,ben sapendo poi in cosa si può andare incontro?.

Rincorrere sempre e comunque il profitto vuole dire liberismo assoluto e allora diamolo e che ognuno si faccia il vino come vuole, purchè dichiari come lo fa, ma se la stragrande maggioranza dei produttori vuole rimanere legata al disciplinare attuale, le regole ci devono essere e devono essere uguali per tutti, per chi fa mille bottiglie come per chi ne fa un milione.

Altrimenti chi vuol fare un vino non conforme esca, non  chiami Brunello di Montalcino quel prodotto e si faccia un nome o un consorzio propri ma che non abbiano nessun riferimento all’appellativo attuale con il nome del luogo nel futuro appellativo del vino.

Sarà possibile che quel prodotto e quei creatori del marketing possano fare a meno di quella storia e di quei nomi per vendere?

Nel mio piccolo vedo che aziende di nuova creazione nella mia zona che è il Chianti Classico puntano ad usare e sfruttare luoghi e storia del territorio che non sono loro e che non gli appartengono, in quanto patrimonio collettivo di persone che ci vivono o ci hanno vissuto, pur di far passare e conoscere il loro vino, quindi una prima risposta a quell’interrogativo, c’è.

Ci tengo a tenere il discorso sotto una forma morale di etica e onestà dato che regole ci sono e su questo non si deve transigere e non si pò scaderre in colpi di spugna o condoni se queste regole sono state calpestate.

Dopo e solo dopo si sciolgano le briglie e si dia il via libera al liberismo sfrenato che non consentirà di chiamare brunello quel vino che non sarà tutto a base di sangiovese oppure si dia una tolleranza massima del 3% sulla purezza del sangiovese, per errori dei vivai che ci possono stare, ma che alla fine non influiscono sulla tipologia finale del prodotto.

Ma se prevarrà la logica del 15% di altro che non diventi all’italiana prima il 20, poi il 30 ecc. con la scusa del miglioramento della qualità.

Io tifo per il sangiovese.

Questa voce è stata pubblicata in svinato. Contrassegna il permalink.

0 Responses to “Faccio il vino che piace alla stampa e vince i premi”

  1. Pingback: Vino da Burde - » Storia della famiglia Biondi Santi e del Brunello di Montalcino in una verticale 1998-2003

  2. Avatar di babeuf72 babeuf72 ha detto:

    Parafrasando direi “è il mercato bellezza”… non esistono storie, territori o patrimoni da salvaguardare..solo business che chiama solo altro business, che travolge storie e nobili tradizioni..

    "Mi piace"

  3. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Esatto, a questa gente, del territorio e della sua storia importa solo per poter fare i propri affari e per far conoscere il proprio “vino”.
    E con i loro soldi pensano di poter comprare tutto e tutti.

    "Mi piace"

  4. Pingback: Ziliani vs. Rivella: i commenti dalla rete : Vino24

  5. Avatar di monicce monicce ha detto:

    a me fa rabbia soprattutto chi gli permette di fare affari, in primo luogo le istituzioni, che da una parte si “pavoneggiano” con la bellezza del paesaggio, con le attrazioni naturali e paesaggistiche e dall’altro tendono la mano a che vorrebbe “disneylandizzare” tutto, soprattutto le grandi aziende

    "Mi piace"

  6. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    Ognuno che arriva raccatta la storia, il clima, le emozioni e tenta di dargli i connotati per vendere e per impossessarsene ai fini più remunerativi.
    E non occorre essere grandi o presunti tali per creare delle disneyland su queste colline, ci riescono molto bene anche dei piccoli che stravolgono degli antichi casali e ne fanno delle tinozze californiane e si credeono imperatori.
    Stiamo vendendo l’anima, o almeno, le ultime traccie di anima rimaste.
    La mia non è in vendita.

    "Mi piace"

  7. Avatar di babeuf72 babeuf72 ha detto:

    Se c’è qualcuno che arriva e raccatta la storia per farne solo business senz’anima, c’è qualcuno che quella storia l’ha messa in vendita per farne solo business..
    Il problema è davvero quello che dici te Andrea..è il decadimento complessivo di una storia, di valori, di saperi e di legami con la terra e tra gli uomini che non valgono piu nulla dinanzi al dio danaro..

    "Mi piace"

  8. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    E infatti i primi pur non approvandoli, li posso capire.
    Ciò che non tollero e non comprendo è la svendita di radici e territori, oltre alla propria storia a certi pavoi che arrivano, dilaniano, arraffano, raddoppiano la capienza del portafogli e poi spariscono.
    Questi sono meteore, noi oltre ad esserci nati, ci vogliamo vivere e dobbiamo preservare e ridonare tal quale o forse anche meglio questi posti a chi verrà dopo.
    Ci sono degli obbrobri edilizi, ci sono delle viti che d’autunno mostrano la loro vera faccia che non è certo sangiovese.
    E poi ci sono soldi che non contano niente, sono aria, basta vedere quel che succede nelle borse in questi giorni.
    Soldi che girano, cambiano di mano, muovono carte e tastiere, poi non producono niente, ma intanto decuplicano, per poi diventare carta straccia per i piccoli che intanto l’anima al diavolo l’hanno venduta.

    "Mi piace"

  9. Avatar di babeuf72 babeuf72 ha detto:

    Mi fa impressione il “noi” che hai usato Andrea..
    “noi” chi? in quale “noi” ti includi? in quale “noi” ti riconosci?
    Quanti come te, sono nati, cresciuti, e sudano nelle tue terre? chi c’è in quel “noi” che orgogliosamente rivendichi? chi è rimasto di quelli che hai conosciuto da bambino e con cui sei cresciuto?
    L’anima è stata venduta da tempo..da quando qualcuno ha permesso di coniare la parola “chiantishire”..
    Il capitale ha stravolto da tempo quelle terre..ha comprato da tempo le anime di chi per una vita intera ha sudato e poi detto basta.
    e ora? ora dopo aver acquistato l’anima, semplicemente la si butta via..lasciando solo “l’etichetta”..

    "Mi piace"

  10. Avatar di andrea Andrea Pagliantini ha detto:

    E’ un noi generico.
    Quanti sono nati e vissuti qui hanno venduto per trenta denari il loro patrimonio di ricordi e di sapore.
    Ma c’è anche qualcuno che ha avuto il coraggio di mollare l’ovatta di un posto sicuro per mettersi a fare vino e olio qui e questo è un no che riempie.
    Questi posti sono stati valorizzati e creduti negli anni ’70 da pionieri mentre noi locali ce ne andavamo o ci chiudevamo in fabbrichette.
    Poi quando il vino tirava e le rendite da immobili schizzavano alle stelle, sono arrivati gli squali, quelli con tanti soldi da spendere certi che mettendoli qui, aspettando qualche anno e vendendo al primo americano di turno, il tutto triplicava e avrebbero potuto andare a far danni da altre parti più vergini.
    Chi ci abita, chi ci è nato, chi ha venduto l’anima e se stesso è un complice.
    Ma un complice ipocrita perchè ha venduto la propria storia e ora piano, piano si trova il deserto fra le mani perchè oltre ad avere qualche soldo non ha altro, ha perso la memoria la faccia sorridente di chi ama e vive un pezzo di mondo che non è più vero, ma inquinato dall’egoismo e dal miraggio dei biglietti verdi.

    "Mi piace"

  11. Avatar di babeuf72 babeuf72 ha detto:

    ..si dovrebbe iniziare a certificare le persone e non piu solo i prodotti..
    A te, e a chi come te vive e crede ancora nella sua terra e nella sua storia darei il DOCG, la DOP, la IGT e chi piu ne ha piu ne metta..
    Ti auguro una buona vendemmia.

    "Mi piace"

  12. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    No, niente di tutto questo.
    Prendo atto dell’essere in un certo modo e di avere la certficiazione di bischero.

    "Mi piace"

  13. Avatar di monicce monicce ha detto:

    evviva evviva il consorzio dei bischeri ha già due soci allora, me e andrea 🙂

    "Mi piace"

  14. Avatar di Andrea Pagliantini Andrea Pagliantini ha detto:

    Con questa nuova aggiunta, il consorzio sta diventanto un organizzazione importante

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a felipegonzales Cancella risposta