La cura con la quale si sceglie la qualità dell’olio per la propria macchina, la meticolosità che si affina per cercare il prodotto migliore per il ruggito del motore.
Le notizie che arrivano appena sussurrate su delle miscele di olio di semi con clorofilla e betacarotene e sulla loro vendita come olio di oliva e sui successivi arresti.
Sono le devianze che fanno perdere il centro della questione, la consapevolezza in chi compra un prodotto qualsiasi non pensando e non riflettendo a quanto c’è dietro, alla storia e alle fatiche di chi lo produce e di chi quotidianamente svolge una propria attività nel rispetto di regole e di luoghi.
La cura che si riserva all’acquisto di un olio da motore a prezzo maggiore rispetto ad uno normale ed onesto, vorrei fosse pari alla cura che si riserva all’acquisto di un olio di oliva extravergine di qualità e con tanto sudore dietro.
La noncuranza con cui si prendono dagli scaffali delle dame da 5 litri dalla provenienza larga e dai colori morbidi delle etichette, con la la leggerezza di chi mette nel proprio piatto un prodotto che ha il solo beneficio di costare poco e fare unto.
Nei prossimi giorni inserirò le foto del rispristino di tre olivete, una lasciata da tre anni, una da molti più, una ripristinata lo scorso anno e adesso nello splendore della sua efficienza vegetativa e produttiva.
Ci tengo che si sappia cosa vuole dire fare un’olivicoltura estrema e di qualità altissima, ma di resa bassa con le difficoltà, le pendenze, le pietre e gli arbusti che il territorio del Chianti, quello vero, non quello ormai esteso a tutto il territorio toscano, comporta.
L’elenco delle lavorazioni, delle ore passate sugli olivi, della pulizia dei bordi dei campi da arbusti, dello smaltimento degli stessi e delle lavorazioni dei terreni voglio che siano visivamente possibili e percepibili da tutti, perchè se si perde la percezione con la realtà della produzione, anche l’olio, elemento naturale densissimo di vita e lavoro perde sostanza e si trasforma solo in un mero prodotto di scala al pari di una saponetta o di un mattone, con tutto il rispetto per questi prodotti.
Ripristinare questi terreni, farli rivivere non vuol dire necessariamente viverci decentemente: per il momento vuol solo dire fatica, giornate sotto il sole e seghetto e forbici in mano.
Ma qualche sognatore e qualcuno che apprezza tantissimo l’intrecci emozionali che danno queste realtà, miscelando l’emozione della nuova vita che rifiorisce, al sorriso di una persona cara, all’olio che esce dal separatore a novembre, deve pur rimanere.
Ho la convinzione ferrea che l’olio, quello vero alla fine risorgerà, in barba di chi in questi anni ha abbandonato le olivete ai rovi e all’abbandono e in barba a chi vuole i prodotti plastificati e tutti uguali.