Mi vengono in mente le parole dell’Infinito di Leopardi a cappello di questo post, o almeno l’inizio della poesia, il “Tanto caro mi fu quest’ermo colle”.
Vi sono luoghi che non hanno niente di catastale, di visure, di particelle, di atti di proprietà,per sentirli propri, intimi, dentro nell’anima.
Ho alcuni luoghi che definisco tali, miei personali, in quanto sono solito andarci nei momenti di bassa marea, nei momenti in cui cerco tranquillità e serenità per riflettere e comprendere, per trovare lo stimolo, la pace che serve per capire cosa c’è da fare o dove si vuole andare.
Poichè sono luoghi intimi, non intendo rivelarli, sono segretamente miei e tali rimarranno,
perchè hanno la funzione di catalizzare dubbi o difficoltà.Adesso parlo di uno perchè non è più tale ed è come se avessi perso in qualche modo una carica di energia pronta all’uso, che ho sempre saputo essere lì, pronta a disposizione per essere colta.
Il luogo in questione, è una collina coperta di olivi di età indefinita, da cui si spazia con lo sguardo orizzonti infiniti di campi di grano, di pennacchi fumosi, di qualche bosco sempre verde, di fronte a Siena che si vede all’orizzonte e non sembra vera da quanto è bella.
In questo luogo magico, è sorta una pietosa villetta in mattoncini rossi così piccini che sembra fatta con le costruzioni del Lego, bruttarella, fuori contesto, frutto della miopia di qualche ufficio tecnico.
Davanti a sè ha sicuramente uno dei più bei panorami che si possa immaginare o solo descrivere.
Da dietro, dalla strada, le persone normali vedranno solo un bello schifo: si, tanto caro mi fu quest’ermo colle.
